Regia di Giorgos Lanthimos vedi scheda film
Si può considerare come il proseguimento del cult movie Kynodontas, da cui Alps riprende l’identica visione tragica dell’esistenza ma che questa volta pone l’individuo all’esterno del soffocante e iper protettivo nucleo della famiglia del “dente canino”. I personaggi più che alla ricerca della costruzione, sono votati alla disintegrazione dell’identità e del proprio essere. Il regista Lanthimos nega metabolizzazioni dell’attualità greca per trasferirle in esperienze simboliche dentro le sue storie, in una visione d’insieme che è più vicina a M.Haneke si dice più interessato a portare alla luce situazioni estreme anche al limite del surreale ma perfettamente credibili, per creare un forte disorientamento nello spettatore, unico deputato a trarre dei giudizi. Alpi è il nome di un gruppo di persone che si offrono per denaro a sostituire defunti nel proprio nucleo familiare superstite, ad occuparne fisicamente il posto ed a interpretarne con il compiacimento dei familiari, il ruolo, le abitudini, le sfumature emotive, i discorsi ricorrenti. La presenza degli attori-sostituti manifesta tutto il suo peso soprattutto materialmente, agli occhi dei “clienti” essi occupano uno spazio corporale in cui elaborare la misura della perdita, di illusoria preparazione all’idea della morte il cui mistero rimane tuttavia insondabile. La parte verbale invece assume toni più deliranti e assurdi (se possibile..), le frasi scandite meccanicamente, recitando le parole usate dai defunti svuotano l’assurdo congegno di finzione del replicante, ne svelano la natura finalizzata della copia, ne sminuiscono ancora di più la dignità personale, ma si restituisce ai familiari la dimensione unica, irripetibile e gratificante della persona scomparsa. Lanthimos sembra rifarsi all’espressionismo e ai contenuti del teatro della crudeltà, separando e dando forza singolarmente alla fisicità del gesto, del corpo vivo, mentre isola la parola privandola di ogni senso logico e dandogli un nuovo valore assoluto. Gli operatori di Alps in un gioco spietato di riflessi, di contraddizioni interiori, di ricerca affettiva, si scambiano i ruoli, la realtà stessa non sembra più interpretabile confondendo ciò che fanno con ciò che sono. La provocazione arriva ai massimi livelli, senza l’ironia o il tocco grottesco dell’opera precedente, ma la denuncia è decisamente forte e decisa. Attori ripiegati nella storia il cui fascino oscuro prevale su tutto, le focali corte che Lanthimos usa sono funzionali ad avvicinare lo spettatore alla parte dell’interprete, a fargli sentire il suo stato d’animo contrastato e disilluso, teso a centrare su di sé la disperazione del ruolo che ricopre a scapito di tutto il mondo che lo circonda. Incomunicabilità, alienazione affettiva, contrizione , eppure ai fans di Lanthimos non viene neppure il mal di testa.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta