Regia di George Clooney vedi scheda film
Ah quanto è subdolo il mondo della politica!
Dietro quelle cravatte Regimental, quei capelli impomatati, quei falsi sorrisi e quelle strette di mano cosa c'è? Anzi, chi c'è?
E' quello che tenta di descrivere George Clooney nel suo ultimo film ma, la sua mano da regista, è troppo piatta e il suo occhio troppo statico per riuscire nell'intento.
Ci descrive questo mondo (anche la sceneggiatura è sua) come iperattivamente mobile ma il modo in cui lo rappresenta non gli rende giustizia. Inquadrature fisse su profili, ombre
cupe e cieli grigi non rendono l'idea dei coloriti meccanismi che si celano dietro la bandiera a stelle e strisce.
Apprezzando poco il fatto che il regista-attore-produttore, insieme alla Appian Way di Leonardo DiCaprio a cui Clooney aveva proposto il ruolo poi andato a Gosling, si sia ritagliato anche il ruolo di co-protagonista, avrei preferito che si fosse limitato alla lavorazione della sua "opera", nauseata dal continuo apparire della sua faccia ovunque (spot pubblicitari e oltre), sono rimasta affascinata dall'interpretazione di un Ryan
Gosling dalla faccia seria e convincente di un giovane uomo che si illude di poter cambiare il mondo, almeno quello politico, battendosi in una campagna a favore di un governatore che
più che scheletri, nell'armadio, nasconde stagiste.
Più che giusta la nomination ai futuri Golden Globe come attore protagonista dopotutto tra tutti i protagonisti, in un film prettamente maschile dove le uniche figure femminili sono
la moglie con la figlia e le stagiste sedotte, tutte figure di contorno ma in realtà fulcri sui quali si basa il futuro di una nazione, è lui la vera star, il vero Giulio Cesare che strappa dalle mani di Bruto il coltello per rigirarglielo contro.
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