Regia di George Clooney vedi scheda film
Ormai alla sua quarta regia, il guastafeste della Martini è un regista/attore rodato e dotato di grande talento. Con questo film riesce a parlare di tutti e di nessuno, non tralasciando neppure uno fra tutti quelli che ci riguardano, nemmeno noi stessi.
Tratto da un’opera teatrale, “Farragut North” di Beau Willimon, il film racconta del giovane idealista Stephen Meyers, alle prese con la campagna elettorale di Mike Morris, governatore della Pennsylvania, uno dei candidati democratici alla presidenza, in competizione contro il senatore dell’Arkansas Ted Pullman. I due politici stanno affrontando la campagna elettorale in Ohio, una tappa troppo importante, tant’è che entrambi i candidati, consapevoli di ciò, puntano ad avere l’appoggio del senatore democratico del North Carolina, che si troverà al centro di un vero e proprio corteggiamento politico. Proprio in Ohio, dopo un dibattito, Meyers fa il grosso errore di accettare un incontro segreto con il capo della campagna di Pullman, il veterano Tom Duffy. Questo incontro costituirà l’inizio della fine: fra inganni, ricatti e segreti nefasti e inconfessabili, Meyers conoscerà l’altra faccia della politica, quella peggiore e al di là di ogni valore.
La regia di Clooney è assolutamente sobria e prosciugata di ogni orpello irrilevante, compresa ogni forma di emozione. E’ evidente la matrice teatrale del testo, che conferisce un certo rigore anche agli straordinari attori, tutti in stato di grazia. Tutto è assolutamente perfetto, dai tempi cinematografici, precisi e serrati, alla lucentezza della fotografia (Phedon Papamichael), capace di raccontare attraverso il colore.
Il film di Clooney, più che il racconto sulla spietatezza del politico di turno, intende offrire un’idea di politica, deprivata dei ricatti e dei compromessi, in cui gli ideali non sono semplici espedienti per raggirare i votanti. Anzi, è un film su quello che oggi manca in ogni paese, in ogni politica ed in ogni uomo: i valori come la lealtà, una giusta e responsabilità famigliare, l’appartenenza ad una patria che si poggia sui fondamenti e fondamentali valori della legalità e della giustizia. Insomma, l’integrità, per dirlo con una parola soltanto. E’ questa che manca e che quindi non è più la giusta protagonista della vita civile dei popoli oggi. In Oriente, come in Occidente, fra i democratici e i conservatori, da Destra a Sinistra. Soltanto che Clooney non utilizza affatto il classico metodo qualunquista e molto italiano “sono tutti uguali”. Affatto. Attraverso una lucida rappresentazione e con delle amare conclusioni, Clooney cita, senza mai assolutizzare: basti notare i manifesti bicolori, molto simili a quelli utilizzati da Obama durante la sua campagna elettorale, che tornano alle spalle e poi accanto al candidato di turno.
Un film importante e molto ben costruito, che non fa rimpiangere altri capolavori come Power di Sidney Lumet, The Mancurian candidate di Jonathan Demme e tanti altri che hanno raccontato il sapore amaro del potere. A tal proposito, geniale anche lo stesso titolo, con il riferimento al celebre giorno in cui Giulio Cesare venne tradito e pugnalato alle spalle proprio da coloro che gli erano più vicini. Il film mostra come, ancora oggi, chi é in una posizione di potere sia anche nella disposizione migliore per spingere l’altro, avversario o alleato, in un attimo, giù da un dirupo, o fuori dal parlamento. Con il silenzio/assenso delle genti (straordinario lo sguardo confuso di Gosling nel finale del film). Anche l’Italia, in tal senso, docet.
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