Regia di George Clooney vedi scheda film
La quarta regia di George Clooney , qui anche sceneggiatore, è tratta dalla pièce teatrale Farragut North di Beau Willimon, del 2008. Durante le primarie del partito Democratico in Ohio il senatore Morris (George Clooney) si affida al brillante addetto stampa, l’ idealista Stephen (Ryan Gosling) per venire eletto e tentare la scalata alla Casa Bianca, in un gioco di ricatti, scandali veri e presunti, colpi bassi e connivenze.
Le idi di marzo riprende idealmente la storica congiura contro Giulio Cesare da parte dei fedelissimi e trova nell' applicazione delle macchinazioni politiche un tale livello di sofisticazione da essere parte integrante della politica stessa. Tradimento di amici, capi, ideali, giustizia. Le idi di marzo, giorno festivo che i romani dedicavano a Marte, dio della guerra, acquista quindi un senso universale di demistificazione della verità che si rivela necessario per avanzare tra le menzogne, i ricatti e i compromessi, relegando gli idealisti all’angolo degli sconfitti.
Il diavolo veste ciò che gli conviene vestire, i personaggi sono involucri vuoti ormai posseduti dall’alieno mondo degli ultracorpi della politica, riempiti di volta in volta di materia plasmabile e corruttibile. Non si salva nessuno ma si sapeva già. Lo sguardo di Clooney non è affatto moralista e crea un solido e compatto monolite di nefandezze e intrighi che strizza l’occhio al cinema politico e impegnato degli anni 70 (Tutti gli uomini del presidente, 1976 è il riferimento principale) ma che affonda nella melma della politica contemporanea. Clooney lontano dal bianco e nero nostalgico di Good Night, and Good Luck (2005), e dalle atmosfere acide della sua prima regia, Confessioni di una mente pericolosa (2002), mette in scena il più classico dei drammi dal sapore shakespeariano: ascesa e illusione, caduta e disillusione, possibile vendetta – forse – delegata all’ultimo glaciale sguardo dell’ultima scena ma lasciata fuori campo come logica suggestione di una consequenzialità di porcherie senza fine. L’estrema pulizia del quadro e del montaggio invisibile caro ai grandi narratori della Hollywood classica, lascia trasparire con chiarezza i meccanismi che regolano la zona morta dietro la quale la politica si muove. Se la politica – soprattutto quella americana - è cinema, allora ecco il mezzo del cinema si adegua per presentarne il dietro le quinte e rendere comprensibile i meccanismi del potere.
Salvo poi attingere alla classica impostazione del noir nel momento in cui la crisi comincia a incrinare i rapporti tra i personaggi. Ecco allora che gli attori, Ryan Gosling e George Clooney su tutti, dall’essere inquadrati e fotografati limpidamente come ritratti su un mondo perfetto in pieno accordo con le intenzioni sbandierate dal senatore, nel momento del confronto vengono trasfigurati in chiave metafisica dalle ombre che ne stravolgono i lineamenti. Da quel momento tutto sarà diverso.
Le idi di marzo è l’alito pesante del post risveglio dal sogno americano, un film disilluso e rabbioso che poggia su una sceneggiatura granitica. Non ci si aspetti alcuna risoluzione, nessun meccanismo narrativo che risolva e concluda alcunché. Come non ci si aspetti un film di denuncia, tutt’altro, Clooney divo liberal progressista apertamente schierato con i Democratici è fortemente critico con l’attuale amministrazione Obama, e sceglie proprio il partito Democratico come sfondo per la sua storia, alludendo ad un comune “ fine ultimo dell’elezione” che regola le vite, le azioni e i pensieri dei candidati ad una qualsiasi poltrona. Di qualsiasi schieramento.
Le idi di marzo non è solo un film sulla politica. E’ la storia della perdita dell’innocenza. Il bel viso, giovane e fresco del protagonista Ryan Gosling , carico di ideali e passione per lavorare ad un futuro migliore, è la faccia dell’America tradita e consumata dagli inciuci e dall’incapacità della politica di farsi carico delle esigenze del popolo. Una nazione che fa degli ideali ostacoli da eliminare isolando l’individuo nei suoi bisogni primari per poterlo controllare prima, manipolare poi.
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