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Ho visto gli angeli

Regia di Philippe Garrel vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Ho visto gli angeli

di alan smithee
4 stelle

Spesso caratterialmente ho la tendenza a difendere con un certo impegno e fin oltre il reale valore, opere che, magari durante un festival importante, si sono distinte per un pressoche' univoco giudizio negativo, magari motivato dal coraggio del regista di andare un po' oltre gli schemi e le regole narrative piu' comuni o strappa consenso.
In questo caso, tenendo per di piu' conto del calibro di un regista colto e talentuoso come ha sempre dimostrato di essere Garrel, siamo di fronte ad un film che non sembra mostrare molti appigli a cui aggrapparsi per far valere le sue, magari celate, qualita'.
Non la storia, banale fin quasi all'imbarazzo - una coppia di artisti (pittore + attrice) che ospitano una coppia di attori che faranno a loro volta conoscere un terzo interprete che creera' la crepa fondamentale ad una unione gia' agli sgoccioli, che spingera' di conseguenza il protagonista verso un finale tragico e definitivo; non gli interpreti, che gia' di per se' mal si amalgamano tra loro, con un Louis Garrel troppo ragazzino e sempre perennemente monoespressivo da una vita, e una Bellucci certamente statuaria ma pur sempre quarantenne giunonica che se gli salta addosso lo sfonda. Bellucci che, va detto, recita in modo piu' convincente certamente in francese rispetto a quando parla nella sua (e nostra) lingua. Ma Bellucci che, spiace ammetterlo ma e' cosi', appare impacciata persino nell'atto, naturale per chiunque, di distribuire ai commensali una pastasciutta che trionfalmente regna sovrana di una tavola stancamente imbandita per una messa in scena che sa di artificio e di aria stantia e soffocante.
L'unico soffio genuino e' forse quello che il vecchio nonno Maurice Garrel, abituale interprete del figlio Philippe, da' ad un film frigido ed insulso, mettendo nella mente del protagonista incidentato e morente, un'esperienza di vita e di guerra vissuta e raccontata ai familiari, che dimostra, con tenerezza e realismo, come tutte le nostre esistenze sono legate a casualita' ed evenienze esterne che ne condizionano irreparabilmente, e a volte benignamente, il suo incerto prosieguo. Magra consolazione, che non puo' da sola aggiustare tutta la presunzione che gronda spiazzante a soffocare ogni ispirazione.

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