Regia di Aleksandr Sokurov vedi scheda film
Arrivato all’ultimo capitolo della cosiddetta "tetralogia del potere", il regista russo dimostra definitivamente tutta la sua grandiosità. Il Faust sokuroviano si pone l’obbiettivo di reintegrare l’idea goethiana di umanità nell’hic et nunc storico-sociale, rappresentando un mondo che contiene la vita ma che è anche la vita stessa (basti vedere quanto, in questo caso specifico, le lenti deformanti che Sokurov è solito utilizzare, acquistino la funzione di far animare, di dare vita propria a molti dei luoghi nei quali l’azione si svolge), dove il potere non è tanto in atto quanto in potenza e, mostrando quelli che sono i suoi contorni, instaura un gioco di fughe e controfughe con l’animo del protagonista. La natura è una presenza assidua, costante, a tratti snervante, ma la sua funzione diviene preziosissima: contenere la straripante incapacità dell’uomo a comprendere i propri limiti, frapponendosi a esso come una barriera che, mostrandosi attraverso la sua imponente immensità, cerca di fargli intraprendere la giusta via per l’integrità morale e spirituale.
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