Trama
Le spiagge del Kenya sono conosciute alle turiste europee per la possibilità di avere avventure facili con i giovani del luogo, che vendono loro l'amore in cambio di qualche soldo e una migliore possibilità di vita. Affascinata da quel che sente raccontare in giro, Teresa, una cinquantenne austriaca, decide di regalarsi una vacanza paradisiaca che, tra i piaceri della carne e amare delusioni, la porterà a stretto contatto con diversi uomini.
Approfondimento
UNA TRILOGIA PARADISIACA
Paradise: Love racconta il mondo del turismo sessuale in Kenya. Non senza umorismo, si mostrano donne in età avanzata che ricercano giovani accompagnatori, puntando l'attenzione sul valore di mercato che si attribuisce alla sessualità e il colore della pelle in un Paese in cui gli sfruttati non hanno altra scelta che trasformarsi in sfruttatori. Si tratta però solo del primo capitolo di una trilogia che il regista austriaco Ulrich Siedl dedica al tema delle "vacanze" di tre donne alla ricerca della felicità. Il secondo capitolo (Paradise: Faith) è incentrato sulla vicenda di una missionaria cattolica mentre il terzo (Paradise: Hope) racconta le vicende di una ragazzina che scopre l'amore carnale in un centro dietetico per adolescenti. L'ironia del progetto si deduce a partire dal titolo: giocando con il concetto di "paradiso", comunemente usato nel settore turistico, Siedl sottolinea come in epoca moderna il paradiso non sia altro che la promessa di uno stato di felicità permanente, evocata dai desideri di sole, mare, libertà, amore e sesso. Nonostante quello che si crede, il turismo sessuale non è un fenomeno che riguarda soltanto gli uomini. Seidl, dunque, scandalizza per essere il primo regista a sollevare un velo sulla questione, scegliendo come protagoniste della trilogia tre donne inusuali e insospettabili. Lontane dagli standard ideali di bellezza e con scarse possibilità di conquista nei loro contesti abituali, le donne di Siegl ricordano i ritratti di nudo del pittore Lucian Freud. Poggiando la camera sulla pelle delle sue attrici, come nei precedenti Canicola e Import Export, Siegl punta sulla corporeità delle sue protagoniste e le mostra senza pudori e trucco, convinto che è proprio nella loro "imperfezione" che si trova una forma di bellezza sublime.
UNA TRILOGIA NATA PER CASO
Abituato a lavorare in maniera poco tradizionale e con sceneggiature costantemente aperte a nuove soluzioni, Seidl gira insieme le tre differenti storie, pensando in un primo momento di ricavarne un unico film ad episodi interconnessi. Le riprese rispettano l'ordine dato dalla scarna sceneggiatura ma, pur raccontando le avventure di tre donne della stessa famiglia, sceglie di tenere separate e senza intrecci le fila di ogni vicenda. In questo modo, dopo un anno e mezzo trascorso in sala di montaggio nel tentativo di eliminare le scene superflue e di ottenere un corpus lineare, Seidl si ritrova davanti a 5 ore e mezze di prodotto finito in cui le storie, anziché arricchirsi, si indeboliscono l'una con l'altra. Di conseguenza, la soluzione artistica migliore è stata quella di suddividere il tutto in tre differenti film.
UNO SGUARDO DOCUMENTARISTICO
Delle tre storie del progetto, Paradise: Love è quella più lunga e sviluppata in maniera molto libera. In un primo momento, lo scopo era quello di mostrare una donna che tornava nell'esotico Kenya una seconda volta per ritrovare qualcuno con cui aveva avuto una relazione. Dopo aver individuato in Margarethe Tiesel la protagonista ideale e aver fatto le prove con i "ragazzi di spiaggia" kenioti, Siegel ha trovato più interessante ritrarre la storia di una donna bianca che per la prima volta arriva in Africa e si ritrova in contatto con uomini neri. Il tema prevedeva scene molto delicate e spinte, emotivamente e fisicamente forti, per cui anche la scelta del protagonista maschile era determinante. Poiché non riusciva a trovare il giusto attore tra due candidati, il regista ha girato gran parte del film con entrambi per poi scegliere solo a lavoro ultimato quali inserire nel montaggio. La difficoltà era legata al fatto che i ragazzi scelti erano tutti attori non professionisti (è caratteristica di Siedl scegliere per le sue opere un mix di professionisti e attori improvvisati), incontrati sulle spiagge africane e convinti dal denaro promesso a rappresentare loro stessi sullo schermo.
Durante le riprese, il copione dato agli attori non conteneva né descrizioni dettagliate delle scene né tantomeno i dialoghi: tutti sul set erano chiamati a improvvisare per ottenere un effetto quasi documentaristico e reale delle dinamiche di relazione.
Note
Seidl coglie nel documentario come nella fiction lo schiantarsi dell’ideologia occidentale, dei suoi miti e delle sue visioni, sulla tabula rasa sentimentale dello scambio economico, della logica individuale del godimento, dell’ottuso accumulo feticistico. Pornografico e umanista, insieme: non imbelletta l’osceno e guarda lo stato dell’uomo fuor d’ipocrisia. Primo capitolo di una trilogia.
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