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La chispa de la vida

Regia di Alex de la Iglesia vedi scheda film

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La recensione su La chispa de la vida

di alan smithee
6 stelle

La "chispa de la vida" è una fortunata trovata pubblicitaria, un motto di forte presa sui consumatori che potrebbe tradursi con "una botta di vita....un esplosione di vitalità" e costituisce il "lampo" di notorietà che caratterizzò per un istante la vita di un pubblicitario ora disoccupato, con una bellissima moglie maestra supplente senza incarico, due figli universitari da tirar su, il mutuo da pagare e via dicendo. Quella frase di grande impatto emozionale accompagnò una fortunata campagna pubblicitaria della Coca Cola in Spagna: l'idea di base fu del nostro sfortunato e malinconico Roberto, a cui tuttavia non fu attribuito nessun onore dopo quell'evidente successo mediale. E nel giorno in cui riceve l'ennesimo rifiuto nella ricerca di occupazione, dopo un colloquio presso un vecchio "amico", al protagonista viene voglia di lasciare la città almeno per qualche ora, per tornare a vedere se esiste ancora il piccolo albergo dove trascorse con la moglie Luisa la sua luna di miele. Da quel momento iniziano davvero i guai: infatti al posto dell'albergo Roberto trova un museo di rovine romane in corso di inaugurazione, e il malcapitato viene coinvolto per caso in un rovinoso incidente che darà l'opportunità all'opaco Roberto di tornare a far parlare di sè, divenendo il caso mediatico del momento. 
Alex De La Iglesia è un regista spesso esagerato, talvolta kitch, sovente divertente, altre volte efficace nel suo stile ironico e scatenato venato di horror; poi con l'eccezionale "Ballada triste de trompeta" è stato a mio giudizio davvero straordinario. Ora pensarlo coinvolto in un film con quella Salma Hayek sempre piu' bella e iconica, dava adito ad aspettative e curiosità molto alte. Ma invece il film, fotografato in modo piatto ed incolore (soprattutto se pensiamo alle tonalità eccessive ed accurate che caratterizzano le sue opere precedenti) e diretto senza la abituale verve che conosciamo ormai da anni, sceglie malauguratamente la strada del melò, cosa in realtà piu' che convincente - almeno sulla carta, soprattutto se abbinata ad una disgrazia che consente al malcapitato di organizzare, nonostante tutto e nonostante la sua immobilità precaria ed appesa ad un filo (anzi ad un ferro), un piano quasi diabolico per orchestrare la  successione della propria fortuna mediatica procurata dal fattaccio - se ci fosse stato un po' di colore, un po' di pathos, qualche accenno di eccesso ed ironia. Invece tutto scivola nel patetico, nel prevedibile, e il film si traduce, almeno in parte, in una cocente ed incolore occasione perduta, almeno da parte di chi ripone(va) in questo regista aspettative in linea con la sua penultima notevolissima fatica. Insomma una storia troppo ragionata, senza eccesso, senza un pizzico di follia a cui non riusciamo proprio a rinunciare quando leggiamo il nome De La Iglesia sotto il titolo del film. Pazienza, l'infaticabile regista iberico ha già pronta la sua opera successiva, in cui speriamo torni ad esagerare e a stupirci come spesso ha fatto in passato.

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