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La morte in diretta

Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film

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La recensione su La morte in diretta

di Kurtisonic
7 stelle

Il terzo giorno il dolore agli occhi era diventato insopportabile. Ogni cinque minuti, inoltre, doveva ripulirsi gli occhiali. Era come doversi impegnare in una fatica immane, che si aveva il diritto di rifiutare e che tuttavia si desiderava ardentemente e nevroticamente portare a termine. (George Orwell, 1984)

Harvey Keitel, Romy Schneider

La morte in diretta (1980): Harvey Keitel, Romy Schneider

Facile dire a distanza di quarant’anni quanto questo film di Bertrand Tavernier fu profetico e anticipatore dei tempi a venire. La sostanziale differenza della mutazione dei tempi, demarca il territorio nel quale il concetto teorico che sta alla base del film si può rileggere rispetto al suo anno di uscita, il 1980. Quando fu realizzato forse resisteva ancora un dibattito etico sulla rappresentazione della morte che non fosse quella di pura verosimiglianza di un’immagine costruita accettabilmente.  Autori qualificati e non, hanno provato a misurarsi con l’irrappresentabilità della morte reale, il loro percorso si è scontrato progressivamente con un atteggiamento culturale sempre più radicato nella modernità occidentale, quello della rimozione, quello di una separazione dalla vita per trattare la morte tramite il cinema come un puro elemento della messinscena, il più spettacolare ed enfatico possibile. La Morte in Diretta tenta di mettere nell’angolo lo sfruttamento di un momento tanto intimo e privato di un essere umano a cui viene invece chiesto in cambio di denaro di renderlo pubblico. Una giovane donna, Catherine, rielabora best seller con l’aiuto determinante di un computer, le viene diagnosticato un male incurabile insieme alla proposta di una rete tv che si offre di filmare i suoi ultimi giorni di vita dietro lauto compenso. Un operatore della rete, Roddy, si è fatto impiantare negli occhi delle microcamere per riprendere tutto ciò che vede, entra in contatto con la donna che ha rifiutato la proposta della rete televisiva e che ignora identità e intenzioni di Roddy. Insieme compiono un viaggio verso un luogo dove isolarsi dal mondo e trovare protezione. Se qualche momento melodrammatico risulta di troppo senza modificare il già alto livello di compartecipazione emotiva, il ritmo della vicenda resta piuttosto  serrato, contrariamente a quanto si possa pensare che accada quando su di un tema cardine come quello della morte non possano esistere che riflessione, silenzio e analisi interiore.  È sconvolgente quanto si sia ridotta la distanza tra il non volere mettere in piazza le immagini della propria morte quanto flebile oggi sia la percezione di un tale atto di fronte alla possibilità di renderlo pubblico e il più possibile mercificabile. Catherine incarnerà un prototipo umano sempre più raro e disincantato, svincolato e non omologato da ogni tipo di condizionamento sociale (sarebbe meglio dire social) atto a difendere la propria unicità di essere vivente, con una capacità sentimentale di pensiero, in grado di compiere una scelta in maniera autonoma. La disperata e romantica corsa verso la conquista della sua morte o del senso da attribuire al tempo della propria vita cattura emotivamente e pone un forte interrogativo non tanto sull’invadenza del potere dell’immagine, che rimane il fulcro sul quale Tavernier ha basato il film, ma sulla trasmutazione dell’essere umano che come in un perenne set da grande fratello si può deprivare della propria umanità se ne corrispondesse un controvalore adeguato. Strepitoso il cast che sembra poter legare personaggi ed interpreti al loro vissuto caratteriale, una fascinosa e inquieta Romy Schneider nei panni di Catherine, Harvey Keitel è Roddy, l’uomo moderno reso schiavo dal potere delle immagini al punto da non sopportare il buio della notte come fosse il fotogramma finale della vita, e nel ruolo del cinico direttore di rete un Harry Dean Stanton, la cui figura espande quella neo cultura barbarica dell’arrivismo mediatico, della presunzione di mostrare un’immagine corrispondente alla verità assoluta. Ad ogni costo.

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