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La morte in diretta

Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film

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La recensione su La morte in diretta

di alan smithee
7 stelle

34 TFF – COSE CHE VERRANNO

In un futuro non lontano rispetto ai primi anni ’80, si immagina che gli autori di bestseller non scrivano più direttamente con carta, penna o altri ausili, ma “programmino” i loro romanzi tramite l’utilizzo di un computer che ne assembli, rielaborandole in differenti contesti e casualità, situazioni già narrate, producendo in tal modo nuove vicende con medesima struttura, ma molto apprezzate dalla massa (il risultato in fondo è piuttosto simile al lavoro di molti tra i più celebrati e seguiti autori di best seller di oggi, se vogliamo acuire il valore preveggente di questo interessante ed inquietante film).

All’autrice di bestseller più nota ed apprezzata, Katherine Mortenhoe, viene tuttavia diagnosticata una malattia terminale che le concede pochissimo tempo di sopravvivenza.

Trapelata la notizia, i produttori dello spettacolo che in quel momento va per la maggiore, ovvero “La morte di diretta”, propongono alla donna di concedersi in esclusiva alle loro telecamere per filmare quello che le resta da vivere, in cambio di una forte somma destinata ai suoi eredi.

Dapprima sdegnata, poi convinta ad accettare l’offerta, la donna viene presa d’assedio dai media già dapprima che le telecamere inizino a documentare le fasi della sua veloce presunta agonia.

Ma quando la donna cambia idea e riesce a fuggire, sulle sue tracce si mette, in forma incognita, un abile e disinvolto cronista che, ad insaputa di tutti, si è fatto impiantare nella retina due micro telecamere in grado di riprendere esattamente tutto ciò che egli vede ed in diretta.

L’uomo scaltramente non rivela nulla alla donna, anzi si finge suo fedele accompagnatore senza pretesa di alcuna contropartita, ma la fuga dei due, che termina nei pressi della villa dell’ex marito di Katherine, si arresta poco prima della notizia che in realtà la malattia non è terminale come fatto credere alla donna, e che la circostanza è stata solo una abile architettura per rilanciare quel perverso “talent-show”, ravvivandone gli ascolti.

Katherine tuttavia troverà il coraggio e la determinazione per vendicarsi di quell’inganno senza precedenti.

L’ottimo e spesso internazionale Bertrand Tavernier confeziona un solido thriller cupo e dai toni incredibilmente profetici, sia per tutto ciò di fosco che accadde alla sfortunata ottima attrice Romy Schneider (splendida!) solo due anni dopo l’uscita del film, sia come tetra anticipazione di quello che sarebbe stato il tenore di molti dei programmi (gli arcinoti “reality”) che oggi vanno per la maggiore sui nostri spesso volgari, sguaiati se non addirittura immorali, canali televisivi commerciali.

Oltre alla famosa attrice austriaca, il cast internazionale comprende l’americano Harvey Keitel, l’irriducibile reporter con l’impianto di ripresa incastonato nella retina, Harry Dean Stanton nei panni del cinico produttore televisivo, e Max Von Sydow nel ruolo dell’ex marito della vittima designata, anzi sacrificale.

Acuta riflessione sull’ingerenza invasiva ed inaccettabile dei media nella vita intima delle persone, il film ha rappresentato per poco più di un decennio un paradosso acuto ed un invettiva contro lo strapotere e l’ingerenza incontrollata della televisione nella privacy del singolo, divenendo con il tempo al contrario un incredibile, inquietante anticipatore di tutto ciò che avviene oggi, senza particolari problematiche di buon gusto o di etica, in molte produzioni televisive di oggi, soprattutto quelle a maggior riscontro di pubblico.

Il film viene dedicato, e c'è ne accorgiamo nei titoli di coda, al grande regista Jacques Tourneaur.

 

 

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