Regia di Bertrand Tavernier vedi scheda film
Arriveremo anche a questo, prima o poi. A filmare la morte mentre avviene. O meglio: vedere la morte in diretta è già accaduto più volte. Ma filmare l’agonia di una persona che cede i diritti per contratto, come in una versione macabra del “Grande Fratello” televisivo, con tanto di spot commerciali che interrompono lo “spettacolo”, a questo ancora non ci siamo arrivati. Anche se nello stesso periodo in cui Tavernier girò questo film anomalo, qualcosa di analogo successe con il film di Wim Wenders e Nicholas Ray “Nick’s Movie”, dove andò programmaticamente in scena la fine del secondo. Ma il peggio, il tocco canagliesco, della storia narrata da Tavernier è che qui la morte è provocata dal committente, mentre la moritura non è affatto condannata da un male incurabile. Il sussulto di dignità dell’incauto “cameraman” (che si acceca come l’incestuoso Edipo), della stessa donna (che si suicida lontano dagli occhi di tutti) e dell’ex marito (che picchia il produttore televisivo) infonde un barlume di speranza in un film che all’epoca fu tacciato di propagandare una “filosofia da bancarella” (Kezich), ma che oggi sembra semplicemente presago dei sinistri sviluppi che ha preso la televisione dei nostri giorni.
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