Regia di Daniele Gaglianone vedi scheda film
Sarà che il cinema di Gaglianone ruota da sempre attorno a un’idea di urgenza morale che già nel romanzo di Massaron emerge a fatica malgrado il tema forte della pedofilia; sarà che dopo il balzo in avanti di Pietro tornare a misurarsi a livello di struttura narrativa con quelle contorsioni temporali che opacizzavano I nostri anni e soprattutto il disgraziato Nemmeno il destino (di cui si riprende in parte anche il nodo della ricerca adulta di sé in un presente ostile, qui più banalmente motivato da un manualistico snocciolamento di traumi infantili ed elaborazioni della convivenza col Male) segna un riadagiarsi rinunciatario in meccanismi oliati; sarà che vedere affidati questi rovelli d’anima a volti “vendibili” e bravi (ma Timi orco sfora la misura) in ossequio a una produzione normativa ed export frena l’entusiasmo che si ebbe per le performance di non attori come Boccalatte e Franzo (nel primo film) o Pietro Casella (nel penultimo); sarà che, in spregio a quanto sono rifiniti nei flashback i rapporti tra i piccoli interpreti, la pedanteria e ripetitività delle situazioni in cui sono coinvolti i protagonisti cresciuti suona sorda (menzione speciale per i segmenti con Accorsi e il figlio, sul liminare della sopportabilità; ma anche per l’infelice didascalia dei contrasti fra la Solarino e gli insegnanti malpensanti…); sarà che ficcare a forza in colonna sonora il ribellismo trendy di Vasco Brondi (alias Le Luci della Centrale Elettrica) è una stonatura. Sarà. Fatto sta che calcolo e volontarismo pare abbiano da subito la meglio sulla buona fede. E che giù in sala arrivi poco o nulla. Il che, per un film che ha anche (giuste, per carità) aspettative commerciali, non va davvero bene.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta