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On the Road

Regia di Walter Salles vedi scheda film

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Enrique

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La recensione su On the Road

di Enrique
4 stelle

Spesso il male di vivere ho incontrato.

Era l’afflato letterario già esaurito.

Era il padre che non ho mai avuto.

Era l’amore confuso con il sesso.

Bene non seppi fuor del prodigio che schiude la divina indifferenza,

era la noia nella sonnolenza del meriggio,

era la vita, campo seminato e mai arato.

 

Al fianco di un’inesauribile fonte di ispirazione di nome Dean Moriarty, alias Neal Cassady (G.Hedlund), Sal Paradise, alias Jack Kerouac (S.Riley) cerca (siamo all’indomani della II guerra mondiale) nuovi stimoli in giro per il mondo; dal Messico a New York, da “Frisco” alla Lousiana, su tutte le polverose strade d’America purchè lontano da casa e dal lumicino che rischiara le mille pagine bianche (della propria biografia) tutte da riempire.

Perché riempire il vuoto è la sua preoccupazione prima.

Anche a costo di riempirlo con altro vuoto.

Poi l’illuminazione, il risveglio e la stesura del suo più famoso capolavoro.

 

On the road (romanzo) è una prosa fluviale di emozioni allo stato liquido (alexio350).

È Il libro manifesto di una generazione selvaggia e ribelle (inebriata dall’idea di abiurare le leggi della morale dominante e del conformismo sociale) che qui prende forma nelle riprese - dense di languore, spensieratezza e libidine - scattate dal talentuoso W.Salles (Central do Brasil; I diari della motocicletta; Linha de Passe).

Ma la sostanza è alquanto imbarazzante.

Non che già non lo fosse anche il soggetto del film, ma quello, in un modo o nell’altro, era riuscito a fare breccia nel cuore di intere generazioni di lettori di tutto il mondo ed a fare scuola.. A spalancare loro gli orizzonti. Ad iniziarli ad un modo del tutto inedito di approcciare la vita ed i suoi tabù, sbeffeggiati uno dopo l’altro, fino allo svenimento.

 

Il film di Salles, stilisticamente impeccabile e sostanzialmente fedele al suo soggetto, ha, però, il principale difetto di arrivare parecchio fuori tempo massimo. Di non avere più nulla da dire. E quel poco che residua è l’apparenza di un disagio umano esibito a bella posta, in bella mostra, senza ritegno, remore e rimpianti (fra i tanti inguardabili “sciroccati” si distingue, non certo in meglio, Amy Adams; ma fosse l'unica...); un coacervo di acri sfumature esistenziali troppo effimere per spianare la strada a riflessioni più mature (appena abbozzate sul punto di calare il sipario).

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