Regia di Matthijs van Heijningen Jr. vedi scheda film
Un deserto di ghiaccio. Un husky infetto. Un elicottero che lo insegue. Un cecchino che spara. Antartide, 1982: dove Carpenter aveva iniziato La cosa, il debuttante Van Heijningen Jr. ne chiude il prequel, mentre risuonano quelle note al sintetizzatore che tanto avevano segnato l’immaginario horror anni 80. Operazione metodica e rigorosa, quella del regista olandese, che riesce a evitare le trappole della spettacolarizzazione a beneficio della totale aderenza al modello. L’approccio filologico si manifesta compiutamente nell’estetica grammaticale, dalle musiche alla fotografia vitrea, dalle inquadrature in elicottero a quelle di immobile tensione in interni; nell’arredo scenico con la vasca di ghiaccio, l’astronave, i corridoi impersonali, le suggestive attrezzature vintage; nell’andamento narrativo, scandito da quelle logiche del sospetto che avevano già animato i rapporti tra Kurt Russell e compagni. Un’opera chirurgica, che viviseziona le strutture della “cosa” mettendoci di fronte alla carneficina nella base norvegese, a partire dalla scoperta dell’elemento extraterrestre con le prime analisi cellulari, fino al processo di “assorbimento alieno” mostrato nei dettagli e negli esiti ultimi, con le situazioni dell’incipit carpenteriano rifatte sui titoli di coda. Un’opera stilisticamente granitica ed emotivamente inquietante, nonostante il finale risaputo. In questo secolo di scempio dei masterpiece horror e Sci-Fi, una spiazzante cosa da un altro mondo.
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