Regia di Daniele Ciprì vedi scheda film
Distruzione, rincomposizione. L'opera assolo di Daniele Ciprì, che si separa da Maresco, è un faro del cinema italiano (e, volendo, anche siciliano), un allucinante viaggio nella povertà e in un'Apocalisse di valori che va ben oltre la semplice constatazione oggettiva. Qui ad andarci di mezzo sono certezze di base, che Ciprì demolisce con uno stile grottesco che, diversamente dalle pellicole realizzate con Maresco, non risulta mai superfluo, non si distacca mai da un serratissimo procedere narrativo, cronologico, preciso, senza sbalzi temporali, però straordinariamente bizzarro. Il sopra le righe diventa reinterpretazione di realtà vere, sotto il sole di una Sicilia che rende tutto impastato, arrugginito, solido, materialisticamente freddo. C'è tutto in questa Sicilia, più male che bene, ma non è un male inseminato. E' il Caso, ed è lui, inizialmente, a fare capolino: il cugino mafioso si salva a discapito della piccola Serenella, capricciosa ragazzina con dialetto assortito, pensiero dimenticabile, rimovibile per il mito della ricchezza e dello 'stare bene'. E' tutta una questione miti, mistificare e demistificare. Mistificare una nuova storia, un passato invadente di delitti, macchine e usurai, un futuro passato nell'attesa definitiva della fine. Una condanna a vita. D'altro canto, demistificare i luoghi comuni, gli stereotipi: mafia e omertà ci sono ma sono altrove, sullo sfondo: qui c'è puro istinto di sopravvivenza, a costo della famiglia. Famiglia, rapporti familiari, distruzioni di rapporti familiari: niente più né meno di vecchie trag(icomm)edie dell'Antica Grecia, che qui germogliano in una terra meridionale finalmente non etichettata ma che mantiene una sua commovente/terrificante identità geografica/sociale/culturale/economica. E il mito diventa barzelletta, racconto da ufficio postale. La vita ridotta a storiella.
Ciprì alterna ritmi sconquassando, realizza inquadrature perfette, idea zoomate lente ed espressive, veloci e sarcastiche, fra nuovi indimenticabili macchiette: vari ed eventuali Azzecca-garbugli, un'Agnese (la nonna) tutt'altro che affidabile, qualche 'bravo' qua e là. Il film entrerà a far parte del repertorio mitico della storia cinematografica. E' notevole, magari prende pure da altri registi (c'è un certo sarcasmo nero alla Coen), ma si mantiene intellettualmente intatto, credibile, purtroppo spassoso. Si piange sogghignando, si ride fino alle lacrime, la storia si conclude con piccole immagini incredibili, il cinema prende una gioiosa boccata d'aria. Un mito della contingenza.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta