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Calcutta 71

Regia di Mrinal Sen vedi scheda film

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La recensione su Calcutta 71

di OGM
8 stelle

Un ventenne viene trovato ucciso in un bosco nei pressi di Calcutta: è un militante antigovernativo, che aveva partecipato ad una manifestazione contro lo sfruttamento e la povertà. Mrinal Sen affida a questo anonimo eroe dei diritti umani il compito di introdurre quello che è quasi un documentario su un Paese afflitto da un drammatico dislivello sociale, in cui a pochi abbienti fanno da contorno masse di persone costrette a combattere quotidianamente con la miseria. Ad ingrossare le file dei diseredati sono, nelle regioni dell’India occidentale, soprattutto i profughi del Bengala orientale: un ex-provincia indiana che solo nel 1971, in seguito ad un sanguinosa guerra civile, conquista l’indipendenza, dando origine all’attuale Bangladesh. Il contrasto tra la ricchezza e l’indigenza è il filo conduttore dei quattro episodi narrati nel film. Nel primo, sei persone, che vivono ammassate in una capanna col tetto sfasciato, durante un violento temporale che ha infradiciato tutte le loro cose, rinuncia a chiedere aiuto a certi loro facoltosi conoscenti, che già una volta avevano malamente respinto una loro richiesta d’aiuto. Nel secondo, Shobhona occupa, con la suocera, il fratello e la sorella, una vasta e lussuosa abitazione abbandonata dai proprietari: ma dentro quelle mura si svolge una storia di miseria, con squallidi risvolti morali. Nel terzo episodio, all’interno di un vagone ferroviario si crea una forte tensione tra un gruppo di ragazzini costretti a contrabbandare riso per poter mangiare, ed alcuni adulti che ostentano il proprio benessere col cibo, col tabacco e con i loro arroganti atteggiamenti. Nel quarto, durante un ricevimento a base di cocktail e musica rock, un industriale si pavoneggia parlando di arte e di politica, mentre, sullo sfondo, scorrono le atroci immagini della grande carestia del 1943, costata la vita a milioni di persone. Come nel precedente Interview (di cui, nella premessa, viene citata la scena finale), in Calcutta 71 il messaggio è formulato in maniera esplicita, ma indiretta, nel linguaggio di un realismo parlato, in cui la testimonianza della vita vissuta si  traduce in concetti universali, come per prepararsi all’elaborazione dialettica ed alla riflessione critica. In questa trasfigurazione cinematografica anche le immagini si trasformano, per diventare, attraverso i simboli, le pregnanti sintesi di una realtà multiforme, in cui il male si manifesta in tanti modi, tutti riconducibili, però, alla stessa perversa  concezione dello stato, dell’economia e del potere.

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