Regia di Alexander Payne vedi scheda film
In passato, Alexander Payne, il regista di questo film aveva al suo attivo il delizioso Sideways (non un capolavoro, ma un godibilissimo film lungo le strade californiane del vino) nonché il più impegnativo A proposito di Schmidt, di cui ricordo la bella interpretazione di Jack Nicholson.
Questa terza sua fatica, The Descendants (ovvero Gli eredi, orribilmente tradotto in italiano con Paradiso amaro), sembrava promettente sia per il quasi unanime consenso da parte della stampa internazionale specializzata (con la lodevole eccezione dei Cahiers du Cinéma) sia per le attese che il numero ragguardevole di nomination in vista degli Oscar suscitavano, sia infine per la presenza di George Clooney, che spesso conferisce ai film un certo valore aggiunto.
Il film racconta la storia di Matt King (George Clooney) - ricco e noto avvocato in una grande città hawayana - e delle due figliolette adolescenti, piombati nella disperazione improvvisamente quando un incidente gravissimo aveva mandato in coma la moglie Elizabeth, la madre delle due ragazzine, che aveva lasciato un testamento biologico indicando dettagliatamente a quali trattamenti non avrebbe dovuto essere sottoposta in caso di coma irreversibile.
Al suo capezzale Matt si era reso improvvisamente conto di non conoscerla affatto né di conoscere le due ragazze, le figliolette adolescenti che sarebbero rimaste senza madre: assorbito un po’ troppo dal lavoro, le aveva affidato ogni responsabilità della gestione familiare; lei si era dedicata a sport estremi e pericolosi e, a sua insaputa, lo aveva tradito, meditando anche di divorziare da lui. Ora che Matt lo scopre, decide inaspettatamente di scovare l’uomo amato da lei. Si intreccia con questa storia anche l’accordo verbale fra Matt e i suoi numerosi cugini per vendere alcune grandi aree territoriali hawayane non ancora lottizzate, di cui i parenti, come lui eredi degli antichi dominatori del territorio hawayano, gli hanno affidato la gestione: luoghi bellissimi, tra i pochi per ora salvi dalle colossali speculazioni edilizie che hanno stravolto molte belle località dell’arcipelago.
La morte di Elizabeth avrebbe indotto Matt a riconciliare se stesso e le figlie col ricordo di lei e a sospendere anche la vendita dei terreni di famiglia.
Questo è a grandi linee quanto accade nel film, in quel paesaggio bellissimo, quando ancora intatto, ma orripilante laddove la speculazione edilizia ne deturpa il profilo, ma, in tutti e due i casi, turistico, pullulante di ricconi che avranno pure le loro disgrazie, come tutti, ma passano troppo tempo fra surf, sport estremi e ville bellissime, immerse nel poco verde che ancora si trova ai margini delle città.
La povera Elizabeth, trascurata da Matt, aveva cercato e trovato braccia accoglienti a propria consolazione, aveva creduto che col divorzio si sarebbe risposata (anche se il suo amante, Brian Speer, orrido speculatore edilizio, felicemente sposato, lo ignorava!), ma non aveva neppure ipotizzato di mettersi a lavorare per mantenere le due figliolette! Difficile, almeno per me, provare un minimo di empatia con simili sfaccendati; senza empatia, però, il film ha perso interesse.
Mi è parso grottesco inoltre che il prossimo vedovo non pensasse che ai trascorsi fedifraghi della moglie, e che organizzasse indagini personali, inseguimenti e pedinamenti, vestito da turista con tanto di magliette sdrucite, camicie a fiori, infradito ai piedi, seguito dalle due figliolette smorfiose e da un loro insopportabile amichetto adolescente con l’aria da tonto, che dice e fa un sacco di cretinate.
Che dire della moglie dell’amante che va a portare i fiori alla rivale moribonda, coll’intento di perdonarla, sia pure piangendo di rabbia?
Per farla breve: è ben vero che anche i ricchi piangono; purtroppo a me, che ho il cuore di pietra, di solito non fanno molta pena!
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