Regia di Alexander Payne vedi scheda film
Lo schema dei film di Alexander Payne è sempre lo stesso: che si tratti della morte improvvisa della moglie (come in A proposito di Schmidt), dell'addio al celibato (come in Sideways) o di un incidente occorso alla moglie in occasione di uno sport estremo, come in questo Paradiso amaro, c'è sempre qualcosa che fa da innesco al tema del viaggio. Che è ovviamente un viaggio anche e soprattutto metaforico, alla ricerca di se stessi.
Matt King (Clooney), che vive alle Hawaii e ha ereditato dal bisnonno un'enorme fetta di quella terra, è sempre stato un marito assente, occupato soltanto ad accumulare quattrini. In occasione dell'incidente della moglie (Hastie), che ha dato disposizioni di staccare la spina in caso di coma irreversibile, si ritrova a dover governare la piccola Scottie (Miller) e la diciassettenne Alex (Woodley), le quali non gli riconoscono alcuna autorità paterna. Con le due e uno strambo amichetto di Alex al seguito, Matt, dopo aver appreso di essere stato tradito dalla moglie che avrebbe addirittura voluto lasciarlo per un altro uomo, si mette in viaggio alla ricerca di quest'ultimo: sarà l'occasione per fare i conti con se stesso e rivedere anche la sue scelte finanziarie.
In equilibrio tra melodramma familiare e commedia, il film di Payne riesce di gran lunga meglio in questa seconda dimensione. Situazioni ai limiti del grottesco e battute spiritose non mancano, ma l'insieme è davvero poco consistente anche per una sola nomination all'oscar. Fatto sta che il film si è assicurato la statuetta per la miglior sceneggiatura non originale.
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