Regia di Ermanno Olmi vedi scheda film
Non ho molta familiarità con il cinema di Ermanno Olmi. Ho letto recensioni, articoli a favore e non, conosco di fama una manciata dei suoi titoli più celebri ma "Il villaggio di cartone", di fatto, è il primo film che riesco a vedere. Be', dirò un'eresia ma non mi ha fatto impazzire. Pregevole nel suo rigore formale, dotato di immagini forti, allegoriche, nonostante l'impianto essenzialmente teatrale, colpisce meno sul versante dei contenuti. Per quanto nobili potessero essere gli intenti del regista, la storia della chiesa sconsacrata e del suo pastore in crisi spirituale che trovano nuova ed ultima ragione di esistere nel dare temporanea accoglienza ad un piccolo campo profughi, si sviluppa fra ovvietà conclamate e momenti drammatici piuttosto sopra le righe. Religione ed integrazione, misericordia e speranza per un lungometraggio dal "passo" lento, pesante, inesorabile come l'irrompere della legge puntualmente a sfavore dei più deboli. I toni, così come la recitazione di Lonsdale, sono esasperati. Il risultato è altalenante: fra il dolorosamente sincero ed il manicheo.
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