Regia di Chris Gorak vedi scheda film
«A causa di tempeste elettromagnetiche tutti i voli sono cancellati». La voce dell’hostess ostenta l’imperturbabilità del disguido di routine, mentre Emile Hirsch, atterrato a Mosca per affari, disegna una toppa d’inchiostro nero sulla giacca vistosamente bucata. Avvisaglie di uno scult indelebile. Due ragazzi e due ragazze che non mettono insieme il cervello di una gallina allevata a Chernobyl; un’invasione aliena sotto forma di ipertrofiche stelle cadenti deformi; turisti che biascicano «Questa è la Russia» perché sorpresi da un blackout e autoctoni che si battono in groppa a cavalli con bardatura elettrorepellente. I protagonisti (il genio e lo sparacazzate, come si presentano con esemplare efficacia) stanno per lanciare un software «rivoluzionario» che incrocia meetic.it con Facebook, quando si accorgono che i luoghi d’interesse sono stati squarciati da carcasse di aerei e gli esseri umani ridotti a riso liofilizzato. Tra snodi narrativi indegni di una soap tedesca e amicizie decennali polverizzate come stelline di Capodanno, le ambasciate crollano e le insegne resistono (la proporzione è di dieci McDonald’s per ogni potenziale superstite). Posiamo un fiore sulla lapide dell’umorismo involontario e battiamo i piedi al tempo del soundtrack Made in Russia. Spacca di brutto. Il 3D squarcia solo la retina: ci accorgiamo della sua presenza quando una vecchina sovietica decreta la fine del mondo e sullo schermo compaiono in rilievo i sottotitoli.
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