Regia di Charles Laughton vedi scheda film
Charles Laughton, uno dei più grandi e adorabili attori britannici della Storia del Cinema, protagonista di svariati capolavori, fu regista solo in questa occasione e il suo film non ebbe successo, ma regalò agli amanti della settima arte una perla indimenticabile. La mia può apparire retorica, me ne rendo conto, ma in questo noir tutto è perfetto. La regia di Sir Charles non perde un colpo, la storia raccontata è efferata, il protagonista è abietto, l’atmosfera che si respira è terrificante, le scene si susseguono senza tempi morti, alimentando l’attesa e l’inquietudine. Robert Mitchum, con il suo sadico ghigno, la sua ironia, la sua sfacciata ipocrisia, offre una delle sue interpretazioni più impressionanti. Ride e minacia, parla con dio in persona, finge di piangere, finge di amare. E’ un serial killer da manuale, un Landru di chabroliana memoria. Accanto a lui, Sherley Winters, con quella sua presenza così poco sensuale e quella faccia da bacchettona, quasi non deve recitare per trasmettere il delirio moralistico-social-religioso da cui è abitata, come tante donne di provincia in quegli anni... E caro le costa! Non meno azzeccati e punzecchiati sono i personaggi che ruotano intorno ai protagonisti, persone disposte a credere ad occhi chiusi al rispettabile e falso reverendo, ma altrettanto pronte a volerlo linciare quando viene smascherato. Si salva solo lo “zio Birdie” (il tenero James Gleason), solitario uomo di fiume, classico vecchietto del far west che beve e gracchia, anche se qui siamo in ben altre latitudini. Due parole vanno spese per il livello della fotografia e del bianco e nero di quest’opera. Basterebbero a farne un capolavoro: dai profili delle case rispecchiate dall’onnipresente fiume alle brevissime inquadrature di animali (gufo, rospo, volpe... Che meraviglia!), passando per gli interni curati “alla Sergio Leone” e illuminati alla Hitchcock. Infine, c’è Robert Mitchum che canta. Canta arie liturgiche, essendo qui un “pastore”, ma canta veramente bene. D’altronde, la sua versione di “Sunny”, resa famosa da Sonny & Cher è una chicca!
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Hai recensito in maniera perfetta uno dei miei cult assoluti. D'accordo su tutto, complimenti.
Grazie di cuore. Pensa che, prima di vederlo, ero scettico. Avevo letto qualche trama e critica: classico del bianco e nero made in USA, falso reverendo, Shelley Winters, letterine stampate sulle dita... Non sapevo a cosa andassi incontro. Che sorpresa!
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