Regia di Charles Laughton vedi scheda film
Un unicum, complessa ed evocativa espressione di immagini.
Drammatico, thriller, noir. . .difficile decifrare e catalogare “La morte corre sul fiume”, un’opera enigmatica nel panorama della filmografia mondiale ma che con gli anni è andata ad assestarsi tra i capolavori di ogni tempo.
È una pellicola a sé stante, non si può affiancare ad altre, non rientra in un filone, si può solo ammirarne la sua indecifrabile bellezza senza linee guida a suggerirne giudizi.
Ha fascino, stile, eleganza, calamita l’attenzione; se dovessi proprio racchiudere tutto in un aggettivo credo userei “evocativo”.
Non si può giudicare l’opera nemmeno rapportandola al suo regista, in quanto non vi è pietra di paragone; tale film è un unicum anche sotto questo aspetto, è l’opera prima e sola di Charles Laughton, navigatissimo attore britannico sia su palcoscenico teatrale che su grande schermo, che rilascia e regala questa sola perla di regia.
Resta magari il rimpianto di ciò che avrebbe potuto dare ancora come regista data la premessa sbalorditiva.
Con una meravigliosa fotografia in bianco e nero, si è dinanzi ad un mirabile esempio di come una delle peculiarità di una grande regia risieda nell’abilità di assegnare eloquenza alle immagini; fosse stato anche un film muto l’effetto sarebbe il medesimo.
Le vicende danno forma ad una fiaba nera, la fuga di un fratellino e la sua sorellina dall’orco cattivo, un sedicente predicatore evangelico che invaghisce le folle e purtroppo la loro mamma.
La forza del film risiede tutta nella sua forma, uno stile espressionista che conferisce vigore alla sensazione opprimente che vivono gli innocenti protagonisti.
La complessità dell’opera è data da scelte originali quanto affascinanti nel rappresentare il caleidoscopio (inteso come avvicendamento fantasmagorico di immagini) che si materializza alla vista dello spettatore, filtrato ed elaborato dagli occhi di un bambino: tra l’onirico, l’immaginario e il reale la natura si rivela in tutte le sue forme, amica e nemica, madre e cacciatrice.
La doppia anima che risiede anche nell’animo umano, come testimoniano le mani capaci di compiere tali atti malevoli sotto una veste di imperturbabilità morale: LOVE sulla mano destra/ HATE sulla mano sinistra.
Le mani sono quelle di un superbo Robert Mitchum, la sua migliore interpretazione di sempre in quella che è una delle migliori interpretazioni di sempre.
Il film cela un’accusa velata all’indole credulona umana e all’opportunismo della religione e dei religiosi, senza troppi scrupoli nel servirsene e farne leva per abbindolare singoli e intere masse.
Cito due scene madre: il cadavere ritrovato sul fondo del fiume con i capelli che si mimetizzano fra le alghe; la superba vista all’orizzonte, nel panorama quasi notturno, del passaggio a cavallo del cacciatore di anime, con passo lento e inesorabile (il titolo originale della pellicola è “The night of the hunter”).
I complimenti si sprecano per il film e il suo autore. . .mi piace riassumere tutto con un espressione, la vetta a cui ogni regista dovrebbe ambire, nel caso di Laughton scalata e raggiunta: cinema immaginifico!
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