Regia di Charles Laughton vedi scheda film
"Compio la missioni affidatami da Dio": è Harry Powell a pronunciare questa frase ne La morte corre sul fiume, tratto dal romanzo di David Grubb, primo e (purtroppo) ultimo film diretto dal grande Charles Laughton.
Personaggio particolarmente emblematico, Harry Powell è un pastore protestante diviso fra una incontrollabile passione per il denaro e una cupa esaltazione religiosa, che si muove e agisce nella profonda provincia americana negli anni bui delal grande depressione. La sua missione? semplicemente quella di andare a caccia di vedove, sposarle, ammazzarle e quindi depredarle di ogni bene materiale (una vocazione verso il male che ha davvero molto poco di "religioso").
Ci proverà anche con Wilda, giovane e piacente donna madre di due bambini, che però al momento della sua morte, diventeranno non solo scomodi testimoni da eliminare, ma anche gli imprevisti custodi del "tesoro" di famiglia.
Devo dire subito che La morte corre sul fiume regge perfettamente il passare del tempo e si conferma ancora oggi un ineguagliato capolavoro, una favola nera in cui si fondono orrore e fantasia, incantamento e alienazione.Molte le scene memorabili che restano impresse nella memoria (il bestiario notturno nella palude, il corpo della morta dentro il fiume con i capelli che fluttuano come alghe).
E' soprattutto un'opera che che sferra un feroce attacco, da una parte all'esasperato puritanesimo di provincia (che porterà addirittura il protagonista a rifiutarsi di "consumare" le nozze) , e dall'altra al fanatismo religioso tipico dellAmerica del dopoguerra.
Charles Laughton, pur essendo al suo esordio dietro la macchina da presa, mostra una particolare sensibilità nel trattare la materia e una eccellente abilità anche narrativa nel creare una atmosfera che determina nello spettatore un profondo stato di inquietudine e di prostrazione. Si muove insomma come un esperto e consumato cineasta che sa esattamente ciò che vuole ed ha una speciale qualità anche intuitiva che gli consente di mettere magnificamente in pratica le sue idee, compresa quella speciale "crudeltà" che spesso traspariva anche dalle sue eccellenti performances interpretative interpretative.
Anche il soggetto del resto, che pone al centro del racconto due bambini indifesi e perseguitati da un adulto imprevedibile e malvagio, era di per sé scioccante (soprattutto per il cinema dell'epoca) ed è forse attribuibile proprio a questo il clamoroso insuccesso commerciale di un'opera estrema, singolare e premonitrice come questa, che anticipava molte delle tematiche che avrebbero poi reso unvece celebri molti successivi titoli (primo fra tutti Il promontorio della paura ,uscito solo qualche anno più tardi), un flop inaspettato e planetario, che tolse a Laughton ogni possibile successiva chance di potersi cimentare ancora nella regia.
Straordinaria l'inquietante onterpretazione di Robert Mitchum, calato perfettamente nei panni dell'uomo nero, un angelo della morte che resterà celebre anche per avere tatuate sulle dita delle mani "Hate" e "Love", espressione dell'eterna lotta tra il bene e il male.
Ottime come sempre anche le prove di Shelley Winters e Lillian Gish, che non gli sono da meno.
Strepitose infine le luci taglienti come lame della virtuosistica fotografia di Santely Cortez che mischia espressionismo e surrealismo con estro e convinzione.
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