Regia di Cosimo Alemà vedi scheda film
LA FAVOLA DEI FENICOTTERI- Nel film dell’esordiente Alemà l’incipit è grottescamente malinconico: due uomini in divisa, sotto la pioggia, piazzano due mine antiuomo nel fango, il più anziano racconta al più giovane che il luogo dove sono ora gli ricorda il “campo dei fenicotteri” nel quale venivano rinchiusi i prigionieri di guerra e da cui i pochi sopravvissuti uscivano con una gamba sola: in quel passato di carnefice spietato l’ex soldato ha trovato il senso del suo esistere e lo ha trovato anche il compagno che vorrebbe diventare come lui. La coppia di bruti torturatori non è patetico retaggio di una guerra ormai finita: essi continuano a combattere, uccidono prima i cani, poi se qualche sprovveduto gruppo di hobbisti per divertirsi simulando battaglie capita nei paraggi, gli danno la caccia, fino a quando non vengono eliminati uno per uno. “At the End of The Day” illustra di fatto come il gioco della guerra sia ben più atroce nella sua insipienza della guerra stessa: in un caso la violenza ha una logica, consente meccanismi di difesa razionali, nell’altro è fine a stessa e con la paura dell’imprevedibile trascina la mente nel baratro della follia o della stupidità. Ragion per cui nella partita fra i crudeli assassini e i sette ragazzi che si sono avventurati nell’ex campo di prigionia non ci sono né vincitori né vinti né buoni né malvagi: tutti sono vittime del medesimo meccanismo alienante, nessuno resta lucido, si spara, si lacerano gambe e arti, si sgozza, si scappa, si litiga a sangue, ci si aggira prigionieri in un labirinto intricato di macerie e di vegetazione selvaggia e alla fine il trauma non risparmierà neppure l’eventuale sopravvissuto.
Fin qui dunque siamo nei territori spogli del videogame: uno spazio simbolicamente spaventevole, le simulazione costante del pericolo, trappole inaspettate, personalità ridotte a ruoli. Il regista viene dai videoclip e pare non ignorare che l’ antagonista reale nella partita è il giocatore/spettatore: se la tensione di questi viene meno la sfida è perduta. Tenendo conto dello scopo ultimo, Alemà e i suoi cosceneggiatori, Meggiolara e Persica, hanno ridotto a mera funzione interlocutoria le pause di studio delle psicologie, individuali o di gruppo, indispensabili a proporre una qualche verità relativa al fatto realmente accaduto nella ex Jugoslavia nel 1992 a cui si sono ispirati: impossibile certo sapere cosa realmente sia successo e perché, tuttavia il film, perso nelle affannose peripezie dei protagonisti, neppure si domanda da cosa nasca realmente l’orrore di quella carneficina. “At the End of the Day” è dunque semplicemente un dignitoso horror ossia una favola nera dove principi e principesse tornano vittoriosi, ma trasformati in fenicotteri.
Per confronti e percorsi culturali suggeriti dal film cfv mio blog: http://spettatore.ilcannocchiale.it/post/2670359.html
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