Regia di Nick Murphy vedi scheda film
Decorosamente diretto con una bella fotografia morbida, ma la storia cresce in farraginosità per attorcigliarsi su se stessa man mano che ci si avvicina al dénouement finale. Tra esseri reali, spettri visibili ad alcuni e non ad altri, e presenze immaginarie, la confusione è palpabile. Qualche genuino brivido, ma tutto sembra già visto.
Che s'adda fa' pe' campa', si deve essere detta più di una volta la giovane Florence Cathcart. La quale trascorre il tempo a smascherare profittatori dell'altrui credulità e vagare da una casa infestata all'altra alla ricerca di finti fantasmi, salvo poi morire di strizza se sente alitare il minimo refolo sospetto. Il confronto con The Others è inevitabile, anche se a qualche venatura stilistica non deve essere stata del tutto estranea l'ennesima visione di Shining. Ma forse la principale fonte di ispirazione è letteraria: quel racconto di Henry James Il giro di vite, già portato al cinema in Suspense! (1961), col sospetto progressivamente instillato nel lettore che i fantasmi esistano solo nella mente obnubilata della governante Miss Giddens. Siccome però Nick Murphy, regista e sceneggiatore, non ha la levità di James, la storia cresce in farraginosità per intorcinarsi man mano che ci si avvicina al dénouement finale. Cosi, tra esseri reali, spettri visibili ad alcuni e non ad altri, e presenze immaginarie, la confusione è palpabile e si finiscono per rimpiangere quelle storie di fantasmi vittoriani in cui l'elemento soprannaturale appariva, paradossalmente, naturale e visibile a tutti come se facesse parte della mobilia del castello o del nucleo familiare. Così, senza grandi spiegazioni di sorta. Sul piano tecnico, 1921 – Il mistero di Rookford (più evocativo il titolo inglese The Awakening) è decorosamente diretto e si avvale di una bella fotografia morbida, valorizzata dalla luce naturale e dall'illuminazione a candele. Ma come ogni film di ambientazione inglese vintage che si rispetti, anche questo indulge al calligrafismo da cartolina illustrata di cui James Ivory resta l'incontrastato nume tutelare. Manieri aviti con romantici giardini e un vago senso di familiarità (potrei giurare che il college in cui si svolge la storia compare anche nella versione BBC di Pride and Prejudice), una governante onnisciente che qui ha il viso paffuto e fintamente bonario di Imelda Staunton, personaggi eterei e legnosi come si conviene in quel d'Albione, atmosfera opprimente da convitto dickensiano, il tutto così solennemente British da sembrare sponsorizzato dall'azienda soggiorno e turismo. Qualche genuino brivido lo dà, il che è pur sempre la ragion d'essere di ogni film horror, ma tutto sembra già visto. O immaginato.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta