Regia di Sam Raimi vedi scheda film
Notevole esordio per il diciottenne Sam Raimi. Questo thriller demenziale, realizzato con una cinepresa amatoriale e su un budget ridottissimo, a dispetto della povertà dei mezzi, riesce a riprodurre alla perfezione il ritmo frenetico e le deformazioni grottesche della slapstick comedy. Questa farsa a sfondo giallo è un parodistica scorribanda attraverso i generi, dal poliziesco al sentimentale, in cui la grossolanità è un artistico tratto distintivo, espressione di una libertà creativa che non teme nulla, a partire dalla banalità. E così si lascia allegramente travolgere dallo spirito indiavolato della comica degli anni venti, su cui si innesta il gusto dello sketch televisivo a buon mercato. In questo modo nasce la tipica commediola che manda tutti gambe all'aria, giocando sulla goffaggine fisica ed intellettuale dei personaggi, a cui ama mettere in bocca le gag più sciocche e surreali, a cominciare da quella sulla saccarina che provoca il diabete artificiale, per proseguire con quella in cui il padrone di casa chiede cortesemente all'ospite di farsi il letto ponendogli in mano gli attrezzi da falegname. Intanto Sam Raimi – autore della sceneggiatura insieme a Scott Spiegel, che diventerà suo amico per la vita – inserisce nel racconto gli ingredienti base dell'horror classico, dalle mostruosità funeree (vedi il pallore cadaverico dello zio, o le sembianze alla Frankenstein del maggiordomo) all'isteria femminile (la crisi di panico che coglie la ragazza alla vista di un ragno), agli omicidi commessi con le tecniche più macabre e ingegnose (diaboliche pozioni mescolate al tè, palle da tennis esplosive, lampadari che precipitano dal soffitto), mostrando come tutte queste componenti si collochino, per loro natura, su un crinale sottilissimo, pericolosamente scosceso verso il fondovalle del ridicolo. Nella visione di Sam, d'altronde, il terrore è un incubo che si costruisce con oggetti assai rudimentali, dando una forma rozza ed abbozzata alle proiezioni delle proprie paure immaginarie: un brutto fantoccio, modellato alla bell'e meglio, da dare in pasto allo sguardo dello spettatore, come scioccante elemento di rottura, un brutale colpo di frusta che faccia galoppare la fantasia dentro le zone più oscure dell'inconscio.
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