Regia di Gavin Wiesen vedi scheda film
Prima di qualsiasi critica, una notizia: Freddie Highmore non è più un imberbe amico dei Minimei, tutto sguardo e sorriso adorabili e infantile innocenza. È diventato un imberbe adolescente sexy in cerca di ruoli “sporchi” che lo allontanino dalla “maledizione Radcliffe”. L’arte di cavarsela lo fa passare da bravo bambino ad aspirante giovane Holden moderno, con discreti risultati. La pellicola d’esordio di Gavin Wiesen, applaudita al Sundance, è una simpatica furbata indie che non poteva non piacere ai Redford boys, ma allo stesso tempo è una lente d’ingrandimento su due giovani attori, Highmore e la nipote d’arte Emma Roberts (nel cast c’è pure la figlia d’arte Sasha Spielberg, perché saranno anche indipendenti, ma non fessi). I due stanno crescendo bene. Wiesen tiene le redini del romanzo di (tras)formazione con discreta perizia, strizzando l’occhio a vari modelli di amore/amicizia adolescenziali: nulla di nuovo. Il punto è che al di là delle banalità sentimentali e degli aforismi d’accatto messi in bocca al protagonista, si rimane coinvolti dal balletto dei due, sempre nascosti dietro l’ambiguità e alla ricerca dell’età adulta attraverso strade sbagliate, ma mai troppo. Consolatorio e un po’ sdolcinato, il film si arrangia come Highmore nel trovare un equilibrio nel caos. E se non fosse così patinato e pettinato, potrebbe persino divenire un cult. Holden è lontanissimo, ma anche il primo Gabriele Muccino.
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