Regia di Rick Jacobson vedi scheda film
Ricordo la mia perplessità quando vidi per la prima volta questo trailer, la cui programmazione si fece poi particolarmente insistita, e insomma il prodotto in questione non si può dire che non sia stato pompato a dovere. Si moltiplicavano i dubbi sui contorni curiosi e ambigui dell'operazione. Ciò che mi sfuggiva era il nesso tra l'ispirazione palesemente "Russmeyeriana" e la confezione evidentemente ricca. "B- Movie" e "patinato" sono due termini che esprimono in sè già una fisiologica contraddizione. E anche dopo la visione, confesso che ancora non mi è chiara quale sia l'anima autentica di questo prodotto che io insisto a definire "curioso". E quest'ambiguità di fondo, legata alla contraddizione tra un'ispirazione underground e una confezione "de luxe", diventa paradossalmente però anche la cifra stilistica che attribuisce un'identità al film. Identità forse volutamente confusa, dispersiva, caotica e alla fine soprattutto spiazzante. Se da una parte può farsi strada l'idea di un giocattolo forse troppo artificioso, a deporre in favore della sincerità dell'omaggio a un immaginario che ci è noto vanno citati dei titoli di testa (e di coda) che mi hanno fatto letteralmente impazzire. Ne riparlerò nel dettaglio più avanti, perchè essi valgono da soli il prezzo del biglietto. Un film, dunque, che va seguito col contributo di una certa complicità e superando quell'impressione (anche fastidiosa) di "patinato" che ogni tanto affiora, o, se preferite, di "eccesso di confezione". Il film è stato schifato dalla critica che lo ha bastonato senza pietà, e anche il pubblico (fatti salvi i buoni incassi dei primi giorni dovuti alla prevedibile curiosità) credo si dimenticherà presto di questa pellicola, anche perchè -se togliamo il sex appeal dei seni ostentati sui cartelloni- una storia del genere (e raccontata con uno stile del genere) non vedo come possa incontrare gli umori dello spettatore italiano medio. La mia sensazione è quella di aver visto un prodotto davvero fuori dal comune, più che una vicenda scandita da una trama un autentico delirio, in cui si affastellano, non sempre ordinatamente, momenti nonsense, esplosioni di violenza che non lesinano effetti splatter, dosi massicce di umorismo dark al vetriolo, visi maschili con dettagli estetici ripugnanti, ma soprattutto DONNE dalle mille risorse, invincibili, che se cadono è per risorgere, che umiliano puntualmente gli uomini, salvo poi trovarsi fatalmente a sfidarsi tra loro ingaggiando duelli in cui si danno botte da orbi. In un tripudio di esplosioni e carni squarciate, talmente eccessivo e demenziale da produrre solo due cose (in alternativa): fastidio o divertimento. Io ho reagito nella seconda maniera, nel senso che ho recepito questa follia con il sorriso. E' chiaro ai cinefili che stiamo parlando di tutto un immaginario collegato alla cosiddetta "Exploitation", vale a dire una rivisitazione in chiave paradossale e "spudorata" del più popolare e concreto cinema di genere, in uno stile che rifugge da ogni sovrastruttura intellettuale e che si basa dunque su elementi percepibili in modo assai diretto (sesso, azione, violenza, crimine), ma spesso talmente "spinti" da produrre effetti irresistibilmente caricaturali. E' perfino superfluo aggiungere un concetto fondamentale: questo NON E' CINEMA PER TUTTI, è cinema che pretende dallo spettatore una complicità quasi infantile, il che non è da tutti. Restando in questo ambito artistico, è perfino scontato richiamare quel "Machete" firmato da Robert Rodriguez che ha riscontato di recente al botteghino un successo (nel suo piccolo) insperato. Ma su "Machete" tornerò fra poco. A proposito dell'immagine dominante espressa dal film, e che dunque lo rappresenta, cioè le tre protagoniste in atteggiamento di sfida e coi corpi che esplodono di silicone, è più che evidente il richiamo al cinema di Russ Meyer, autentico maestro e creatore di un proprio inconfondibile stile, che coniugava l'esibizione vittoriosa dei corpi femminili nella loro trionfante abbondanza con un gusto action che prevedeva splosioni di violenza e aggressività. In particolare il riferimento più scontato è quello al suo supercult "Faster Pussycat". Stiamo parlando di un "gusto" che appartiene ad un cinema d'altri tempi. Esistono però due cineasti contemporanei, geniali e appassionati, che paiono essersi posti come "mission" proprio quella di mantenere vivo lo spirito di quel "cinema-B" cui dedicarono la loro adolescenza di giovani fans: Quentin Tarantino e Robert Rodriguez. Ciò detto, però, dobbiamo onestamente ammettere che nè Tarantino nè Rodriguez avrebbero mai diretto un film patinato come questo "Bitch Slap". Per dire, "Machete" era molto più rigoroso ed essenziale, ed anche più sporco (ma non uno "sporco elaborato"!). Inoltre, a fronte di un ruspante Rodriguez, abbiamo qui invece, da parte del regista Rick Jacobson, un lavoro in eccesso in sede di confezione. E questo evidentemente perchè "Bitch Slap" puntava ad un riscontro economico ambizioso, peraltro frustrato da un box office deludente in America. Da segnalare i numerosi inserti flashback, indubbiamente gustosi nella loro estetica quasi da cartoon, ma la cui reiterazione diventa un pò manieristica e scontata. Valutazioni soggettive a parte, credo comunque si possa concordare su un dettaglio: l'eccessiva durata della pellicola. E dopo aver espresso alcune perplessità, veniamo alla cosa veramente esaltante di questo film: dei titoli di testa, e di coda, davvero strepitosi. Accompagnati da una irresistibile rumba di rock'n'roll, vediamo scorrere non-stop estratti da pellicole celebri (o fors'anche da oscuri documentari) in cui osserviamo donne scatenate che cavalcano, sparano, incendiano, si menano, schiaffeggiano uomini...insomma fanno di tutto, in una giostra frenetica dove il vintage e l'adrenalina sembrano compenetrarsi alla perfezione. E fra l'altro tra le decine di volti femminili che popolano quella sarabanda di immagini convulse, ho notato due visi che avrebbero fatto sospirare Tarantino e Rodriguez: Senta Berger e la povera Ajita Wilson. Divertente poi un dettaglio sui titoli di coda, dove a molti dei nomi elencati nei credits finali viene affiancato il rispettivo nickname: ed è un tripudio di "Big dick", "Sonic", "Psycho", "Fuzzy", "Dildo"...e via psychorockeggiando! Quanto al cast, le tre attrici protagoniste certo non offriranno performance da Oscar, ma esibiscono proprio il temperamento giusto. Nervose, ambigue, minacciose, debordanti, isteriche, volgari....Spie, suore, evase, agenti sotto copertura, spogliarelliste, spacciatrici...tutto e il contrario di tutto. Concludendo. L'equilibrio tra l'humus underground e le ambizioni da box office è purtroppo sbilanciato in favore di queste ultime. Avrei voluto più rock'n'roll e meno "immagine". Tuttavia in questa estate "bloccata" ho avuto una chance "altra" (e non è poco). Di Supereroi, Maghetti e Ferraglia-Hasbro ne ho le palle piene, scusate la franchezza.
Voto: 7
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