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Morte a Venezia

Regia di Luchino Visconti vedi scheda film

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La recensione su Morte a Venezia

di zombi
10 stelle

lo vidi tanti anni fa quando ero giovincello e mi piacque tantissimo, tanto da diventare uno dei miei film preferiti. rivisto oggi, mi è piaciuto altrettanto, ma sotto altri aspetti, o meglio!... sono ignorante e quindi quando tiro in ballo correnti culturali e artistiche come il romanticismo tedesco, lo tiro in ballo più per sentito dire e /o per aver visto quei tre, quattro quadri famosi. la storia dell'artista gustav von aschembach distrutto dall'illusorietà della purezza della bellezza, mi ha affascinato meno e mi ha colpito di più. l'uomo che scopre dentro di sè cose diverse da quelle che aveva provato e vissuto prima di allora, dice con l'amico fraterno e collaboratore di voler ritrovare il "suo equilibrio".... chi non lo desidererebbe arrivato ai 44 anni! vorrebbe non soffrire per creare bellezza, ma il suo collaboratore lo aggredisce sempre più violentemente, fino a demolirlo e abbandonarlo la sera della debacle della sua nuova opera, urlandogli contro che non si può automamente dividere i sentimenti dalle infinite varianti matematiche delle note. il creare ci dice non è semplicemente una cosa o semplicemente un'altra, ma in gustv è in atto una trasformazione che dopo i drammatici accadimenti nella sua vita privata lo traghettano altrove. pericolosamente come nelle acque buie della laguna e in uno di quei quadri così carichi di ombre e luci, di chiari e di scuri, ma anche di indicibili incubi tra le tenebre delle stanze chiuse o dei cieli notturni, gustav si reca venezia per curarsi e riposarsi, da solo. venezia e le sue acque si trasformano lentamente in una trappola virale in cui le sue pulsione lentamente emergono e si esternano. mai come in questo film(o come in adele h, tanto per citarne un'altro, così.... a caso....)il dolore di scoprirsi come si è sempre temuto di essere, è tattile. il fanciullo biondo di cui non si capisce la lingua in vacanza con la madre, le sorelle e la tutrice francese, diventa il se stesso che trasuda dal corpo indebolito dalla malattia e dall'infezione che dilaga grazie anche allo scirocco. corpi perennemente ricoperti di sudore attaccaticcio che malamente reagiscono a climi avversi, ma fertili per vibrioni mortali. ho sofferto insieme alla sentitissima interpretazione di un dirk bogarde strepitoso, tedesco lontano da casa, in preda agli uomori di una città così meravigliosamente mortifera. splendida la lunga camminata notturna dopo che gustav si reca dal parrucchiere che lo rende esattamente come quella creatura che rifugge ad inizio film, vecchia carcassa sudaticcia che sbeffeggia un suo simile non ancora svelato, per il divertimento di giovani indigeni carichi di se(n)(s)sualità perennemente promessa. ovviamente la mangano è un'idea talmente alta che luchino l'ha utilizzata al massimo di come la sua idealizzazione poteva fare.... parla un'idioma che non capiamo, scopertamente  doppiata,  donna/dea/icona vestita e dipinta di luce come un quadro. non importa se non è protagonista, la MANGANO è la MANGANO! disseminato di caratterizzazione strepitose come quella di romolo valli, nora ricci, franco fabrizi e bjorn andresen, immagine del desiderio mai più vista, forse mai più ripresa da cinepresa e forse per questo ancora più perfetta. GRAN!, GRAN BEL FILM

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