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Morte a Venezia

Regia di Luchino Visconti vedi scheda film

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La recensione su Morte a Venezia

di michemar
9 stelle

Lo stile estetico di Luchino Visconti, tanto ammirato ne Il Gattopardo, La caduta degli dei, Gruppo di famiglia in un interno e soprattutto nel meraviglioso Ludwig, non è più rivolto agli arredamenti, agli addobbi delle sontuose case, agli abiti sfarzosi dei protagonisti come in quelle occasioni. In questo melanconico film il grande regista esplora con la macchina i paesaggi marini e lagunari di Venezia, il dedalo dei suoi vicoli piccoli e nascosti, gli sguardi ammirati del protagonista Gustav e l’angelico viso di Tadzio. Il senso malinconico che domina l’opera è tutto negli occhi di un musicista (nel romanzo di riferimento di Thomas Mann è invece uno scrittore) che, in cerca di ispirazione, sceglie di passare una vacanza nel lussuoso albergo veneziano “Hotel des bains” e che incrocia nei corridoi e sulla spiaggia una specie di angelo caduto in terra davanti alla sua vista, quasi una visione paradisiaca. La folgorazione non è immediata: ogni incontro fortuito, poi sempre più cercato, alimenta il bisogno di vederlo ancora, aumenta di volta in volta la voglia di rivolgergli la parola. Quel viso pulito e etereo è come se incarnasse la bellezza della musica che vorrebbe ancora scrivere.

 

Dirk Bogarde, Björn Andresen

Morte a Venezia (1971): Dirk Bogarde, Björn Andresen

 

Lo sguardo intenso ed espressivo di un grandissimo Dirk Bogarde – ad un livello recitativo pari forse solo a quello de Il servo di Joseph Losey – rappresenta tutto il film;

 

locandina originale

Il servo (1963): locandina originale

 

con intensa tristezza esprime il dispiacere della vita che avanza col tempo e l’impossibilità di poter avvicinare fisicamente il bellissimo e desiderato giovane, fino al punto che non gli è più permesso di concentrarsi sul foglio di carta. Fino al punto di non capire che la malattia che lo sta aggredendo (a Venezia si è pericolosamente sparsa una epidemia di colera) non gli lascerà scampo. Protagonista assoluta, pur non comparendo, è la meravigliosa Quinta Sinfonia di Mahler che incide come un bisturi accompagnando le sequenze topiche del racconto. Visconti esprime con questo film il summa della sua cinematografia, anche se non è certamente il suo migliore, ma la recitazione sommessa e triste del perfetto Bogarde, gli sguardi alteri e il profilo nobile di Silvana Mangano, la bellezza diafana e angelica del giovane Björn Andrésen ne fanno un capolavoro del genere drammatico. La stupenda scena finale in campo largo è la degna conclusione di un film che non si dimentica.

 

 

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