Regia di Lorenzo Ceva Valla, Mario Garofalo vedi scheda film
Alpi, zona di frontiera. Neve ovunque. Piccoli focolari, per piccole comunità. Chiuse. Due fratelli, Enrico e Mario: uno frenetico, ferino, oltre le regole; l’altro placido, frustrato, maresciallo dei Carabinieri in attesa di promozione. Ainom è eritrea, nel ghiaccio del Nord Italia fa la badante alla madre dei due. Che muore. Allora Enrico la assume per un lavoro. La violenta. La costringe a essere la sua donna. Mario guarda tacito. Geloso. Lei aspetta il figlio e il marito, che stanno per raggiungerla, clandestini. Le cose si complicano. Fuori dalle traiettorie tipiche dei generi, Ainom è cinema amatoriale, nel senso nobile del termine: la confezione non professionale e le forme sgrammaticate, fuori dalle norme estetiche, restituiscono e rendono prossima, tangibile, insostenibile, la violenza della realtà rappresentata, i suoi stupri, le sue offese, la brutalità del pregiudizio sugli immigrati, l’efferatezza fascista nascosta dietro l’ossessione per la sicurezza. I protagonisti di Ainom sono figure tipiche del paesaggio antropologico italiano, figure deviate e quotidiane che il nostro cinema non rappresenta. Mai con questa furia, mai con questa precisione. La ferocia della xenofobia radicata e allegramente accettata, ridotta a conversazione, l’ambiguità crudele della parola tolleranza, la coppia come teatro privilegiato per la sottomissione, l’incestuosità culturale della provincia: c’è tutto questo, in Ainom. Che è una sonda impietosa nel cuore nero (e vero) di un Paese. E un minuzioso ritratto di donna, in punta di camera Hdv. Recuperatelo: a Milano, al Mexico, dal 28/1.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta