Regia di Michael Radford vedi scheda film
Ci sono biografie che sono sceneggiature cinematografiche già scritte. E con la vita di Michel Petrucciani, pur breve (36 anni), si potrebbe tirar su una saga. Tante donne, storie vere e inventate, un protagonista maestoso nonostante la piccola statura. Quel metro d’uomo si inarcava sul pianoforte con la sapienza di un amante esperto e fantasioso - e i suoi amori giurano che lo fosse -, affrontava la vita con una fame selvaggia, conquistava il cuore degli appassionati di musica come riusciva a farlo con quelli del suo bizzarro entourage. Sapeva incantare e ferire tutti come nessun altro, è stato l’ultimo grande pifferaio magico del jazz. A 13 anni suonava con i mostri sacri, a 22 era uno di loro. Michael Radford, che con i geni vulnerabili - vedi l’amico Massimo Troisi che diresse in Il postino - ha sempre avuto un’affinità elettiva, si limita “solo” a ripercorrere questa vita con pezzi di repertorio scovati ovunque, un documentario tedesco e performance dal vivo straordinarie. Accanto ci mette le ricostruzioni e gli aneddoti dei componenti del mondo affettivo di Petrucciani, un piccolo circo commosso e commovente. Il tocco che ci mette lui è cercare l’uomo dietro il talento purissimo e disumano, il gigante nel corpo minuto (che fingeva di ignorare come faceva col dolore), le tante luci e ombre dell’artista, del marito, del padre, dell’amico. La musica è uno splendido e inevitabile tassello di questo puzzle.
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