Regia di Hong Sang-soo vedi scheda film
A Seoul fa proprio tanto freddo. Il giovane regista Seong-jung non fa che ricordarcelo, mentre vaga per la città, mangia, beve, fuma, parla a vanvera e intanto non fa più film. è appena ritornato nella capitale dalla provincia, dove si è trasferito da alcuni anni e dove vive insegnando cinema. Per strada incrocia i suoi colleghi ed allievi del passato, con cui tenta di riallacciare un rapporto che sembra svanito per sempre. In questo modo i giorni passano, ma è come se il tempo si fosse fermato: un oggi interminabile si avvolge su stesso, riproponendo ciclicamente gli stessi incontri, le stesse azioni, lo stesso inconcludente rito di stare insieme fingendo di conoscersi e di avere qualcosa in comune. In questo film la riflessione sulla crisi creativa e sul senso della vita è relegata dietro le quinte di una banalità ripetitiva e rinunciataria, in cui tutto è già accaduto, ed è accaduto invano. A compimento sono giunte sole le delusioni, personali e professionali, e davanti al protagonista ed ai suoi amici il futuro si estende come un'incognita che non promette nessuno sviluppo significativo. Tutti hanno perso affetti, capacità ed occasioni, e per nessuno ci sono novità in arrivo. In Seong-jung si sono spente le fiamme dell'amore e dell'arte, Boram ha smarrito il cane a cui era molto attaccata, il giovane attore Youngho non ha ottenuto un ingaggio decisivo ed ha interrotto la propria carriera, la proprietaria del bar Novel ha avuto tanti uomini, però si ritrova miseramente sola, in quel locale con pochi clienti che è anche la sua abitazione. Nelle esistenze di tutti i personaggi, ogni cosa è affidata alla cecità del caso, che apparentemente le imprigiona in uno schematismo sempre uguale a se stesso, impedendo loro di evolversi: ma il punto è che questa è soltanto un'illusione, derivante dalla nostra pretesa di saper individuare, all'interno dell'immenso caos che governa l'universo, precise regolarità che ne rivelino il funzionamento. In realtà la vita non smette mai di andare avanti: intorno a Soo il mondo sembra immobile, impegnato in un eterno girotondo, però quest'idea è dovuta al modo in cui lui e gli altri decidono, inconsapevolmente, di impostare la loro percezione. Le loro conclusioni si capovolgerebbero, se solo scegliessero di concentrare la propria attenzione sulle variabili anziché sulle costanti, sui dettagli che cambiano, anziché su quelli che restano immutati. Le coincidenze esistono solo nella nostra testa: siamo noi, assumendo un particolare punto di vista, a vedere collegamenti ed identificazioni che pretendiamo di poter isolare, in maniera del tutto arbitraria, dalla informe moltitudine degli eventi cosmici. I dati su cui crediamo di poter basare le nostre deduzioni sono punti di arresto puramente immaginari, in quello che disegniamo come un cammino lineare, mentre in effetti è una traccia inesistente, mentalmente sovrapposta ad un moto disordinato, e dalla direzione indefinita. Il film inizia nello squallore della noia, in cui la storia continua ad impantanarsi mano a mano che Seong-jung prosegue il suo bighellonare senza meta, lungo una sceneggiatura scritta sulla carta autocopiante. Il progresso c'è, ma resta impercettibile, anche perché il ritmo si mantiene lento ed uniforme, trattenuto dal gelo dell'inverno e dalla staticità del disincanto. La rivelazione è una fibra sottile che si insinua nel tessuto soffocante e compatto del senso di inutilità: non è un grande avvenimento, è una piccola scoperta, che costituisce una momentanea sorpresa e procura una labile gioia, ma è comunque un elemento che esce dal quadro, che inaspettatamente si ribella alla logica dell'inerzia generale. Un passo minuscolo che non modifica la tabella di marcia, però introduce, come diversivo, nel fugace spazio di un istante, quella scintilla di speranza che serve a riaccendere il motore del nostro essere. Questo film presenta, nella sua struttura narrativa, la vita nella forma in cui essa ci appare convenzionalmente, incasellata nelle categorie semplificatrici in cui siamo abituati a classificarla. La sua anima, però, contiene il respiro profondo e sommesso della verità, che non si manifesta in superficie, e non si avverte, se non, quando, tacendo, ci abbandoniamo al suo divenire, astenendoci da ogni giudizio. Seong-jung, poco a poco, si arrende ad un sereno lasciare che sia: dà il proprio numero di telefono al primo che glielo chiede, si fa immortalare, sia pur controvoglia, da una fotografa sconosciuta che lo ferma per strada. E non si meraviglia più che tutto sembri identico al giorno prima, che una brevissima storia d'amore si sia conclusa con la solita separazione, e con i consueti buoni propositi per l'avvenire i quali, per l'ennesima volta, saranno promesse non mantenute. The Day He Arrives è un'opera modesta, ma penetrante, che, pur senza far mai salire la tensione, finisce per appassionare: è come se il suo basso profilo, alla lunga, facesse scattare in noi un meccanismo d'immedesimazione, e ci vedessimo infine riflessi in quella insensata e desolante routine, nella quale spesso anneghiamo le frustrazioni che non riusciamo ad esprimere.
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