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Il Ministro - L'esercizio dello Stato

Regia di Pierre Schöller vedi scheda film

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La recensione su Il Ministro - L'esercizio dello Stato

di maurizio73
5 stelle

Pochi giorni nella tumultuosa e frenetica vita del ministro francese dei trasporti, dal brusco risveglio nel cuore della notte per un tragico incidente nelle Ardenne con molte vittime innocenti alle trame di partito che vorrebbero coinvolgerlo in una impopolare riforma ferroviaria fino all'abile svicolamento finale di un cambio di deleghe per una provvedenziale investitura presidenziale.
Dalla mano abile dello sceneggiatore televisivo Pierre Schöller, qui anche 'directeur', e sotto l'egida produttiva dei fratelli Dardenne, questa singolare e bizzarra produzione franco-belga ad uso e consumo del festival di Cannes (Official Selection 2011: Un Certain Regard), è l'inconsueta incursione nei misconosciuti territori di un potere politico che si muove furtivo nel dietro le quinte di una millanteria istituzionale dove l'interesse pubblico soccombe di fronte alla indiscutibile abilità di un esercizio superficiale e subdolo, laddove tra incompetenza conclamata e cinica malafede si reggono le sorti di milioni di belligeranti ma impotenti cittadini.
Basato su di un impianto che agita lo spettro di un incombente crepuscolo giacobino e facendo leva sulla sprezzante ironia di un registro grottesco ed a tratti onirico, il film di Schöller appare però viziato dalla ineludibile ideologia di un didascalismo verboso e moraleggiante, attraversato da personaggi ridicoli e giullareschi che abdicano facilmente alla verosimiglianza di una dimensione realistica per farsi icone e simboli della dissennata stupidità del potere, per rappresentare più i perversi meccanismi di un equilibrio politico di sottotrame occulte e sondaggi d'opinione che la pervasiva invadenza di una più credibile regia istituzionale od economica. Non tanto insincero per la natura stessa di comportamenti e strategie pubblicistiche dove finiscono per essere centrifugati sia le tragedie della strada cinicamente strumentali al gioco dei potenti che le contromosse di un apparato plutocratico di ineffabili boiardi di stato in grado di condizionare in modo sotterraneo la vita pubblica, il film di Schöller finisce per ricondurre l'astrattezza della materia narrativa agli esiti già visti di una distorsione grottesca dei meccanismi del consenso ('The Candidate' (1972) - Michael Ritchie e 'Il Portaborse' (1991) - Daniele Luchetti) ed al naturale nichilismo etico che rappresentano uno dei limiti intrinseci per operazioni del genere. Apprezzabile più sul versante della scrittura che su quello della messa in scena (memorabile il discorso di commiato che Gourmet recita a fior di labbra per le esequie funebri del suo sfortunato stagista-disoccupato) è un film dove la parola surclassa abbondantemente l'immaginario figurativo (la scena della donna nuda che si infila tra le fauci del caimano è un dejavù che sembra scimmiottare tanto Bunuel quanto facili metafore surrealiste). Degna di nota la buona caratterizzazione di un Olivier Gourmet costantemente sopra le righe cui fa da contraltare la compassata e imperturbabile maschera del superlativo Michel Blanc.

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