Regia di Bruno Dumont vedi scheda film
Nella Francia del Nord, rurale, spartana e quasi primitiva tanto familiare alla messa in scena di Dumont, durante una estate grigia e oppressiva, dove dune sabbiose e desolate accompagnano la brezza al mare - un mare severo e per nulla conciliante - un individuo si aggira tra le abitazioni di un desolato villaggio, fermandosi ad un uscio ove trova accoglienza e nutrimento.
E' un giovane taciturno e misterioso, un balordo per molti, un guaritore per alcuni, uno che sistema le cose per la giovane ragazza che, dopo l'ennesima violenza sessuale subita dal padre, decide di fargli eliminare il genitore con un fucile da caccia. Il giovane ama il fuoco, sembra non temerne le conseguenze, ed ama pure la giovane, non sopportando che un intruso la corteggi.
Per Dumont neanche il male rappresenta una tentazione seducente, ammaliante, appagante almeno nel momento in cui ti induce in tentazione. Male e bene forse convivono nello stesso emblematico personaggio, la cui fissita' esprime forse come puo' la deriva di una umanita' senza via di scampo in un limbo che non ha piu' nulla di rassicurante, di seducente o accattivante. Resta solo la rassegnazione, mentre gli intrusi vengono ritrovati senza vita nei fossi e la polizia brancola nel buio piu' profondo. Il colpevole va trovato, e dunque si sceglie a caso tra i visi inespressivi di chi non ha neanche voglia di difendersi da accuse che non lo riguardano. Intanto questo giudice imparziale dei destini umani fa resuscitare chi lo ha accolto ed assecondato nei suoi riti, nelle sue cerimonie, e la vita grigia e desolata puo' proseguire una volta che l'angelo del male si sposta inesorabilmente in altri lidi.
Duro, freddo, spietato, al cinema realista e impossibile di Dumont non e' mai importato nulla di trovare sostenitori né tantomeno di crearsi un pubblico. Le sue immagini sono lame affilate che dilaniano senza rimorsi, senza compiacimenti, lasciando piu' spazio scenico alle conseguenze della violenza che alla messa in scena dell'atto barbarico. Ma tutto cio' non e' per pudore, bensi' per un freddo calcolo che riflette la spietatezza dell'animo umano, immerso in un nuovo irreversibile medioevo dei sentimenti.
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