Regia di Andrej Zvyagintsev vedi scheda film
Ex infermiera e madre vedova di un figlio disoccupato con prole a carico, Elena è un'anziana e piacente signora risposata con Vladimir, alto e facoltoso ufficiale dell'esercito russo in pensione che accudisce tanto in qualità di badante quanto come amante e compagna di vita. Riluttante ad aiutare la famiglia del figlio della moglie ed in rapporto conflittuale con l'unica figlia femmina, Vladimir decide di fare testamento in seguito ad un improvviso e debilitante attacco cardiaco, escludendo di fatto la compagna dalla parte più cospicua dell'eredità. Approfittando del suo ruolo e disperata per la sorte ed il futuro incerto dei suoi cari, Elena prenderà una drastica decisione.
Già autore sensibile di una dolente storia familiare di abbandono ed ineluttabili vincoli filiali che gli valse, all'esordio, il Leone d'oro alla 60ª Mostra Cinematografica di Venezia ('Il ritorno' - 2003), Andrej Zvjagincev si addentra con pervicace indolenza sul pericoloso crinale che divide, come un invalicabile ed immaginario spartiacque, i mondi separati di due società contigue della Russia contemporanea, tra sperequazioni sociali e indissolubili legami affettivi, tra l'indifferente materialismo delle classi più abbienti ed il misticismo fatalista della cultura popolare, tra il dovere dell'oggi e la responsabilità del domani. 'Trait d'union' di questo cinema di inquadrature fisse e lenti movimenti di macchina, nel solco di una lunga tradizione di minimalismo contemplativo ed in grado di elevare le sorti particolari degli uomini al traguardo di una dimensione universale e trascendente, è il personaggio tragico e letterario insieme di una donna al crepuscolo degli anni e che vive in una sorta di limbo sociale, facendo la spola tra la ricca magione coniugale e la miseria venefica dei quartieri popolari dove prolifera la discendenza senza speranza di una generazione destinata alla disperazione e al degrado. Più intimista ed ineluttabile di quanto non sia politico il suo discorso, il cinquantenne autore russo ci narra una storia di delitto (quasi) senza castigo, dove il contrasto drammaturgico cova nel seno di una contraddizione sociale e nella conflittuale dialettica tra le ragioni della cupidigia e quelle del cuore, e dove pare siano sempre l'indifferenza e l'avidità degli uomini l'origine di un male etico che si rivolge nell'inganno e nell'assassinio; laddove chi può (la figlia naturale dell'ex ufficiale) non genera vita e chi non può (il figlio della consorte) lo fa oltre le proprie possibilità. Anche l'apparente scarto sociale che sembra derivarne appare segnato dall'oscuro presagio di un destino incerto, nato sotto la cattiva stella di una trasgressione alle leggi umane ed a quelle divine insieme (il black out, la rissa, il neonato abbandonato in un letto troppo grande) e risolto nel lirismo simbolico di un finale interdetto, quale fervente adesione ad una tradizione cinematografica densa e pregnante che trova in Zvjagincev un interprete moderno e particolarmente credibile. Premio speciale della giuria nella sezione Un Certain Regard al 64º Festival di Cannes.
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