Regia di Michel Hazanavicius vedi scheda film
Un vero film muto, girato nell'epoca del digitale e del dolby surround a cinque canali.
Dire originale di questo film sarebbe poco, e definirlo coraggioso sarebbe un po' fuorviante, per i numerosi altri sensi assunti nel tempo dalla parola (scandaloso, schifoso oltre la sopportazione, ecc.). Però lo è: è originale e coraggioso, perché girare al giorno d'oggi un film muto, in bianco e nero e con lo schermo in 1:33 fa a pugni con tutte le mode e le logiche di mercato, e con i presunti gusti del pubblico. Invece la pellicola al pubblico è piaciuta, e anche a me.
Oltre la cura della fotografia, dell'ambientazione e delle recitazione (proprio da film muto), va segnalata la sottile ironia che spesso ci regala il sorriso (come il sogno del protagonista). Anche i momenti drammatici e la commozione sono riusciti, ed hanno un'aria vagamente ingenua, ma comunque sincera. La presenza di John Goodman, già comparso in una produzione nostalgica legata al mondo del cinema ("Matinee" di Joe Dante) giova all'intera operazione, e all'ironia, benché compaia in scena abbastanza poco.
Non sono d'accordo con quanto scritto nella scheda, cioè che il film sarebbe solo uno sfoggio di stile. Secondo me non è un bluff; se penso alla scena del protagonista riflesso sul bancone del bar, con la macchina da presa che ruota e ci confonde su quale sia il riflesso e quale la persona vera, già mi sono convinto che questo è cinema.
In generale, è un'operazione simpatica che ci ricorda come il valore di un'opera cinematografica non sta nella quantità e qualità di effetti speciali, né nel 3D o nel 4K, ma nel talento dei creatori e nella sostanza di quanto viene raccontato. Il resto è solo vernice, che può essere bella e opportuna, ma mai sostituire quello che sta sotto.
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