Regia di Michel Hazanavicius vedi scheda film
In pochi hanno notato il legame stretto che unisce il film di Hazanavicius e il celebratissimo "Hugo Cabret" di Scorsese: fatti praticamente contemporaneamente (senonché vincitori entrambi di più di un Oscar non proprio meritato), entrambi vogliono riproporre la magia del vecchio cinema, l'incanto di primo Novecento, in cui vivere i propri sogni..già il cinema muto conosceva l'ingenuità di simile interpretazione, specie se prendiamo il realismo dei primi cortometraggi dei Lumiére, non semplici sperimentazioni, ma anche attente analisi di soggetti veri, e di come la verità potesse essere rappresentata. Quindi non stupisca che venga attaccata negativamente l'ingenuità di questo esperimento meno sperimentale di quanto sembri. Hanno parlato di scommessa, parlando di "The Artist", perché è un film muto nell'epoca del sonoro, del 3D, e delle ultime innovazioni, ma con le nuove mode si affiancano oggi, molto forti, anche il desiderio di essere facilitati nella scoperta del passato, la necessità di alcuni spettatori di trovare in certi film qualcosa che li soddisfi anche a livello intellettuale, ma non troppo, altrimenti non è più intrattenimento. E qui arriva "The Artist", in tutto il suo splendente bianco e nero, e in una riflessione sull'evoluzione della tecnologia cinematografica, che nel periodo storico preso in considerazione sta passando definitivamente al sonoro. Escludendo il fatto che l'idea non è nuova (Viale del tramonto dov'è finito?), il film pensa di riproporre il cinema puro delle origini, quando anche il cinema muto aveva offerto ben tristi riflessioni sulla solitudine umana, e non era tutto rose e fiori. In sé il film è piacevole, ma a dare fastidio è la sua pretesa di far saltare, a spettatori pigri, in una povera ora e quaranta, anni e anni di cinema passato e purtroppo da molti dimenticato. Il più bravo attore comunque è il cane, e questo lo dicono anche gli ammiratori.
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