Regia di Michel Hazanavicius vedi scheda film
Dopo averlo visto, ammetto con gran gusto, non so se definirlo più bello o più furbo (entrambi i termini hanno comunque il loro perché), ma sicuramente rimane un film altamente godibile, una raffinata rivisitazione di una metodologia di fare cinema assai lontana nel tempo e poco conta se oggi possa essere stato recepito per il suo essere semplicemente appetitoso, perché poi, anche per questo, è proprio molto bello da vedere e la mancanza della parola proprio non si sente.
George Valentin (Jean Dujardin) è una star del cinema muto, ma l’avvento del sonoro lo porta presto nel dimenticatoio, soprattutto perché non accetta per niente di stare al passo coi tempi.
La bella Peppy Miller (Berenice Bejo), che in qualche modo lui ha scoperto, invece spopola ed essendo da sempre innamorata di lui prova ad aiutarlo.
Ma l’orgoglio del maschio dominante è peculiarità pericolosa e George rimane refrattario a lasciarsi il passato alle spalle, nonostante non abbia ormai più niente nel suo presente.
Ma una soluzione si può pur sempre trovare.
Cento minuti senza dialoghi, giusto qualche didascalia (ma nemmeno troppe) riempiono i passaggi da rimarcare, ma le parole non sono tutto nella vita e questo salto all’indietro di Michel Hazanavicius è architettato con sano gusto e articolato con tante piccole e grandi idee che costituiscono un itinerario sempre sicuro e in grado di regalare pregevoli momenti in successione.
Una bella storia che richiama un mondo che non c’è più (leggibile anche come il tesoro che il passato ci ha regalato e che non dobbiamo dimenticare), ricca di suggestioni avvalorate da spunti registici (il primo che mi viene in mente è rappresentato dalla scena in cui il preoccupato George ha un incubo nel quale gli oggetti muovendosi fanno rumore) e da idee di contorno proprie dello script (Peppy che vedendo la giacca del suo amato la abbraccia se stessa pensando a lui, chapeau), un insieme che sa quasi sempre che pesci pigliare e che così riesce a farci dimenticare senza tanti problemi che di dialoghi non ve ne sia nemmeno uno.
Un grande aiuto arriva dal cast, Jean Dujardin è fascinoso ed ombroso, Berenice Bejo ha una freschezza incredibile, i comprimari vanno anche oltre (John Goodman e James Cromwell sono due chicche da alto palato) e poi il cagnolino fa il resto, anzi anche di più (a tutti gli effetti è un protagonista di prima fascia).
Insomma “The artist” è un film che sa il fatto suo, così fuori tempo per le sue scelte (senza dimenticare un brillante bianco e nero d’annata), ma allo stesso tempo anche in grado di saper guardare oltre e catturare l’attenzione anche del pubblico meno accorto.
Trasversalmente bello.
Decisamente scaltro, abile fin dal principio (idea), ma poi anche nella rappresentazione riesce a ben figurare con tante scelte in grado di fargli meritare un plauso.
Sorpresona.
Lo scopro con questo film, nel quale dimostra di possedere un buon carisma e capacità trasversali; in più, in tante scene, soprattutto nella prima parte, mi ha ricordato Sean Connery giovane, il che credo possa essere il complimento più grande per lui.
Istrionico.
Vivace, sorridente, semplice, sfrutta appieno l'occasione, e che occasione aggiungerei!
Decisamente brava.
Quanti meglio di lui possono valorizzare un personaggio importante, ma di secondo piano?
Ho detto tutto.
Personaggio secondario, ma per nulla trascurabile.
Ordinato ed esemplare in ogni gesto e movenza.
Parte contenuta, ma ben espletata.
Sufficiente.
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