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The Artist

Regia di Michel Hazanavicius vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Artist

di laulilla
7 stelle

Premio Oscar nel 2012, questo pluripremiato e pluri”nominato” film – come il suo regista Michel Hazanavicius – è un toccante ricordo del cinema muto, quando sembrava impossibile anche solo immaginare lo sconvolgimento che – alla fine degli anni’20 del secolo scorso – l’introduzione del sonoro avrebbe prodotto e non solo per il pubblico…

 

 

Gli attori, i tecnici, gli operai addetti alle macchine, gli attori – umani e – animali – nel 1927 (anno in cui il racconto ha inizio) il cinema era ancora muto, ma comunicava benissimo. Gli interpreti erano dotati di grande professionalità poiché conoscevano il modo per parlare col corpo, oltre che cogli occhi: si esprimevano con la gestualità, in cui erano diventati maestri, con la danza, con la mimica facciale ed erano così noti per questo da essere riconosciuti e ammirati anche quando camminavano per strada.
Allo stesso modo il cagnolino del famoso George Valentin (un grandissimo Jean Dujardin) era talmente espressivo che davvero… gli mancava la parola. Gli sarebbe davvero servita?

 

Nessuno aveva ancora considerato che la perfezione e la raffinatezza raggiunta dal cinema muto avrebbe dovuto fare presto i conti con due fattori imprevisti: il perfezionarsi della tecnologia e il mercato.
L’introduzione del sonoro era, ormai, questione di poco tempo: già a partire dal 1929 si cominciò a costruire il film, cercando di accompagnarlo con la musica; dopo un po’ si sincronizzarono azioni e rumori; fra non molto si sarebbe trovato il modo di far parlare con la loro voce anche gli attori.

George Valentin non credeva che la cosa potesse riguardare in alcun modo professionisti della sua esperienza e della sua popolarità: egli pensava che nel mercato del cinema ci fosse posto per tutti: per chi preferiva continuare a rivolgersi a quel pubblico raffinato ed esigente che apprezzava l’arte straordinaria degli attori culturalmente più ricercati e per chi voleva affrontare le novità senza badare troppo alla qualità della recitazione (così avrebbe fatto Peppy Miller, (Bérénice Bejo), la giovane e briosa aspirante attrice che George avrebbe lanciato e che, successivamente, avrebbe occupato un grande posto nel suo cuore.
Le cose però erano più complicate: anche gli ammiratori più fedeli del “muto”erano curiosi estimatori della tecnologia, cosicché presto gli spettacoli sonori spiazzarono quelli silenziosi, facendo finire nel dimenticatoio anche i grandi interpreti che non volevano adattarsi, come il grande George Valentin, cui la crisi del ’29 avrebbe assestato il colpo di grazia.


Questa vicenda è raccontata con intelligenza e cultura dal regista parigino Michel Hazanavicius, che – insieme ai grandi Jean Dujardin e Bérénice Bejo – dà vita non a un film sul cinema muto, ma a un film muto e per di più in bianco e nero, quanto di più inattuale si possa immaginare in un’epoca così tecnologica come la nostra, in cui molti sembrano apprezzare soprattutto gli effetti speciali, il 3D, quasi fosse, ancora una volta, “la meraviglia” il fine della creazione artistica.
Quest’opera è dunque una meditazione sul cinema e più in generale sull’arte, nemica della moda – per sua natura effimera – ma passione e lavoro, creazione che per durare nel tempo è sempre “inattuale”, in quanto destinata a scontrarsi con i luoghi comuni in ogni tempo e in ogni epoca.
Uscito in Francia nel 2011, questo è un film di notevole impatto emotivo, che – per quanto muto – parla a tutti noi che amiamo il bel cinema, i bravi attori e i registi intelligenti e sensibili.

 

Noleggiabile o acquistabile  da numerose piattaforme.

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