Regia di Wilson Yip vedi scheda film
Cina, 1937. Il maestro di Wing Chun (Eterna Primavera) Ip Man vive a Foshan, nel sud della Cina; la sua vita, in questo florida cittadina famosa per le molte scuole di arti marziali ivi presenti, scorre “tranquilla” tra una sfida ed un allenamento, all’interno di una casa-giardino ove vive con la sua famiglia. L’invasione giapponese arriverà a turbare questi equilibri, portando morte e distruzione, oltre alla necessita di fare scelte difficili per tentare di sopravvivere.
La storia romanzata del campione di arti marziali Ip Man, maestro, nella realtà, anche di un giovane Bruce Lee, inizia in maniera spensierata. La routine dello ieratico cinese ci viene mostrata, con moderate ma gustose dosi di ironia, come un “limbo” marziale fatto di disfide “cavalleresche” a base di letali ma pesati colpi di arti marziali scambiati con i numerosi colleghi presenti nella “Città delle Arti Marziali”, Foshan. Il regista dimostra di conoscere a fondo la materia: la sceneggiatura, seppur a volte abusata, tratteggia bene le motivazioni sia oggettive che caratteriali di tutti gli interpreti (soprattutto del protagonista) e i combattimenti, punto di forza del film, sono eccezionali ma mai ridondanti. La misuratezza la fa da padrone, le abili mosse di Ip Man sono essenziali e antispettacolari ma efficaci. Femminee, si direbbe, come la leggenda fondativa del Wing Chun (stile che parrebbe ispirarsi, almeno nell’impostazione, al Tai Chi Chuan) che sembrerebbe essere stato creato (o approfondito) da una donna cinese per sottrarsi alle angherie di un notabile bramoso di sposarla, puntualmente sconfitto in duello dalla pugnace donzella; ottimo e filologicamente corretto, in questo senso, il lavoro coreografico del veterano Sammo Hung. Ottima anche la non tanto velata riflessione sull’apparente inutilità dell’individualismo guerriero, raffrontato a fatti epocali e inarrestabili (come la violenta invasione nipponica) che richiederebbero invece un fronte comune di risposta e un atteggiamento meno alienato. Nello sviluppo di queste tematiche sta, purtroppo, l’unico piccolo difetto della pellicola; infatti risulta debole la scelta di rifugiarsi in un trito cliché visivo della serie “Kung Fu for the masses”, con ridondanti sedute collettive di insegnamento ideologicamente stiracchiate. Peccato veniale, comunque, che non toglie nulla alla godibilità generale delle avventure del nostro eroe, interpretato con convinzione da un Donnie Yen con la faccia giusta e le “Phisique du Role”; riesce, infatti, ad essere credibile sia nei registri ironici che in quelli drammatici, oltre ad essere fisiognomicamente adatto, con i suoi tratti affilati ed imperturbabili da tipico cinese uniti ad un portamento fiero ma gentile, antitestosteronico ed umile, a dare un volto al personaggio. La notevole fotografia chiaroscura e la buona prova di tutto il cast completano il quadro di un film notevole e non privo di spunti interessanti.
Movimentata.
Buona.
Adatto.
Orgoglioso.
Aggressivo.
Combattuto.
Ribelle.
Avventato.
Brava e graziosa.
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