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Walk Away Renée

Regia di Jonathan Caouette vedi scheda film

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La recensione su Walk Away Renée

di alan smithee
8 stelle

16-18 mars 2014 - LE PRINTEMPS DU CINEMA. Jonathan Caouette, regista di se stesso nell'arco dei suoi primi vent'anni (dai 10 ai 30 anni di vita), ha stupito la critica ed il pubblico della Quinzaine des Realisateur giusto dieci anni orsono con l'ormai quasi leggendario "Tarnation", film verità-documento su una giovinezza trascorsa a districarsi tra le mille problematiche di una famiglia sfortunata che ha finito per formare e responsabilizzare un ragazzo, lui stesso, che finisce per prendersi carico di tutto e di tutti. Nel 2011 Caouette fa ritorno a Cannes (questa volta ospite della Semaine de la critique), per raccontarci il seguito senza tregua o fine della sua epopea. Jonathan, come sa chi ha potuto vedere Tarnation, ha una madre afflitta da schizofrenia a causa di una caduta dal tetto di casa in gioventù.  Bella donna briosa e simpatica, Renee fu presto abbandonata dal marito e Jonathan affidato ai nonni a causa delle crisi sempre più acute della donna. Ora troviamo il regista perennemente in viaggio, impegnato a spostare la madre da una casa di cura ad un'altra, a combattere lo scetticismo dei medici nel somministrare alla paziente dosi massicce di litio, pericolose ma di fatto l'unica sostanza che riesce a far reagire la donna e a distoglierla dalla follia senza sosta che la caratterizza per periodi sempre piu lunghi. Seguiamo Jonathan (che intanto si sfianca anche economicamente), il suo compagno e pure il figlio Joshua (avuto ventenne da una cara amica di studi) in camper lungo le grandi strade provinciali per portare la genitrice presso sempre nuove strutture in grado di accoglierla. Intanto un contrattempo dietro l'altro si frappone ad ostacolo tra la meta da raggiungere ed il cammino dei nostri protagonisti: le medicine in grado di calmare la donna perse chissà dove, senza che nessun medico si prenda la responsabilità di prescriverne di nuove e mille altre vicissitudini o contrattempi che danno l'occasione al regista di rivedersi piu' giovane in filmati di epoche precedenti, quando nonostante le difficolta', tutto pareva piu' bello e tutto piu' semplice. Intanto l'America degli spazi infiniti e dei cieli immensi fa capolino assieme ai ricordi di una vita colma di imprevisti e difficoltà, ma da cui Jonathan Caouette ha sempre saputo uscire a testa alta. Riprese e filmini del passato, del nonno vecchio e malandato ma resistente, della madre bella e folle, poi sdentata e ancor piu' matta, repertori della mente inframmezzati a cieli nuvolosi e a formazioni di cirri e nubi seducenti (quanto piacciono i cieli agitati come mari in temlesta a Jonathan Caouette!) caratterizzano questo intenso documentario sulla famiglia. La famiglia a tutti i costi: allargata, omosessuale, devastata dalla follia, ma unita nell'affetto, nella sofferenza e nella malattia per affrontare fino alla fine le mille problematiche di un destino avverso accanito e tenace. Ad un certo punto Jonathan parla di Tarnation e della splendida accoglienza ricevuta a Cannes. In quella sala dell'allora Noga Hilton (ora Palais Stephanie) a Cannes, sede storica della Quinzaine, quella sera tra gli ottocento ed oltre spettatori tra pubblico e stampa, c'ero anche io. Rivedere quella sala e riconoscersi nel volto, nell'emotivita' e nell'atteggiamento di Caouette, sorpreso ed imbarazzato da tanta calorosa accoglienza, mi emoziona molto, forse ancora più di allora, anche se quel film lo temgo sempre vivo nella mente e nei ricordi più forti e potenti di una manifestazione che seguo ormai da quasi vent'anni; il resto lo fa il film, intenso, spudoratamente personale come il primo episodio di dieci anni prima, intrammezzato da paesaggi e panorami meravigliosi e immensi che solo la grande America riesce ad esplicitarci con tanta sfacciata generosità e spudoratezza.

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