Regia di Eva Ionesco vedi scheda film
Film autobografico della regista franco-rumena Eva Ionesco. Isabelle Huppert in forma smagliante.
Hannah è una fotografa di origini rumene trasferitasi a Parigi con la madre. Ha una figlia di poco più di dieci anni, Violetta, che viene di fatto allevata dalla nonna, tradizionalista e religiosissima. Hannah, invece, è volubile, inafferrabile, quasi sempre assente, fino al giorno in cui chiede alla figlia di posare per lei e diventare la sua modella. La bambina accetta e da quel giorno la sua vita cambia. In breve tempo, diventa una icona, una giovanissima cover-girl di successo in una certa Parigi intellettualoide e trasgressiva. Hannah comincia però ad imporre alla figlia posture sempre più audaci e provocanti durante le sedute fotografiche. Inizialmente, Violetta, anche se controvoglia, si lascia manipolare, ma con il passare del tempo trova la forza di reagire, finendo con il mettere in serie difficoltà la madre, ben presto accusata di atti prossimi alla pedopornografia. L’esistenza delle due donne ne esce completamente sconvolta, con un finale aperto e inquietante.
Prima regia dell’attrice di ascendenza rumena Eva Ionesco, “My little princess” è un racconto autobiografico. Fin da bambina, Eva fu praticamente costretta a posare, talvolta nuda, come modello per gli scatti di sua madre e di altri fotografi. Il carattere esplicitamente erotico di tali foto non poteva non suscitare aspre polemiche. All’età di undici anni, la bambina appare senza veli sulla copertina di “Der Spiegel” del 23 maggio 1977. Due anni dopo, viene sottratta alla potestà della madre e affidata ai servizi sociali.
A chi assegnare, se non a Isabelle Huppert, il ruolo di una madre predatrice, senza scrupoli e, soprattutto, completamente fuori di testa? La diva francese ci ha abituati a ruoli estremi e a personaggi spiazzanti fin dalle sue prime apparizioni sullo schermo. Registi come Claude Chabrol e Michael Haneke hanno saputo sfruttarli al meglio, altri hanno sciupato le sue multiformi capacità, puntando unicamente sulla sua presenza, forse convinti che bastasse a colmare il vuoto di sceneggiatura e/o regia. Si pensi a due titoli recenti come “Ma mère” di Christophe Honoré (2004) e “Tip top” di François Bozon (2012), il primo con una madre ossessionata dal sesso e al limite dell’incesto, l’altro con una figura sadomasochista di pessimo gusto.
Nel film della Ionesco, al contrario, tutto funziona, nonostante il ritratto impietoso di un personaggio egocentrico, che proietta il suo smisurato narcisismo su una figlia inizialmente soggiogata dal successo e dalla notorietà, poi ribelle e infine travolta dalla follia della madre. Una madre che via via si riduce ad un’età mentale forse inferiore a quella della sua giovanissima vittima. Anche la scelta dell’attrice franco-rumena Anamaria Vartolomei, allora dodicenne, è decisamente indovinata. Non si può non provare empatia nei confronti di una figura debole e sfruttata in maniera ignobile, tanto da suscitare nello spettatore un sincero senso di sollievo quando si arriva finalmente alla rottura del rapporto tra vittima e carnefice. E’ il momento in cui Isabelle Huppert si trasforma da donna altera e piena di sé in sedicente vittima di un mondo borghese incapace di accettare la libertà illimitata dell’espressione artistica. Una volta negatale la possibilità di fotografare la figlia, reagisce in modo vile e infantile: strilla e strepita, perde il contatto con la realtà, arriva al punto di vendere illegalmente le provocanti istantanee sottratte alla magistratura. Un delirio accentuato dagli abbigliamenti e dalle acconciature sempre più improbabili dell’eccentrico personaggio, con evidente riferimento alle mises di Bette Davis nelle sue memorabili interpretazioni di donna pazza e malvagia nell’epoca d’oro del cinema hollywoodiano. A questa annotazione, riportata nel sito Allociné.fr, la regista aggiunge di essersi volutamente ispirata al modello della “Lolita” di Stanley Kubrick nel dirigere Anamaria Vartolomei. Anche questo espediente funziona, la ragazzina turba sapientemente, ma non eccita né suscita banali pruriti. Un adattamento riuscito, senza cadere nella trappola della sciommiottatura.
“My little princess” è un film che mette a disagio senza scandalizzare, è molto spinto ma non scivola mai nella pornografia. Non è stato praticamente mai visto in Italia e la cosa non mi meraviglia…
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