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La guerra è dichiarata

Regia di Valérie Donzelli vedi scheda film

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La recensione su La guerra è dichiarata

di ethan
7 stelle

Roméo (Jeremie ElkaÏm) e Juliette (Valerie Donzelli) si conoscono a un party e scocca la scintilla: hanno ben presto un figlio maschio, Adam, che però inizia quasi da subito ad avere degli scompensi a livello di salute. Incomincai il giro dei medici e la diagnosi è spietata, ma i giovani non si perdono d'animo, perchè La guerra è dichiarata alla malattia, con il coinvolgimento delle rispettive famiglie a fare da sostegno a quella che si presenta come una dura battaglia dove non si sa come andrà a finire...

'La guerra è dichiarata' è l'opera seconda della co-protagonista Valerie Donzelli, che scrive la sceneggiatura in coppia col protagonista ElkaÏm, basata su un tema che ha in sé qualcosa che si prestava facilmente a incorrere nel doppiamente ricattatorio, trattando una malattia, che in aggiunta colpisce un infante prima ed un bambino poi ma la regista riesce però ad ovviare a tale problema rifugiandosi nella ricerca stilistica: l'incipit pare un'inquadratura estrapolata da un film di Tarantino, con riprese dei piedi di un personaggio, ma immediamente entriamo nel vivo del film, con un bambino, sui cinque-sei anni di età che si appresta ad entrare in quelle apparecchiature che solo a vederle ci si spaventa per le diagnosi che i dottori refertano, dopo aver visto gli esami a cui sono sottoposti i pazienti. Parte un flashback e vediamo la storia alle sue radici, quando tutto iniziò, con Romeo e Juliette che si vedonon per la prima volta.

La Donzelli evita il film a metà tra il pietistico e lo strappalacrime - tanto per intenderci, con il capostipite che si può identificare in 'Love Story' - approcciando la materia con uno stile che rimanda sia ai film di Truffaut incentrati sull'amour fou (certe scene iniziali, per atmosfera, mi hanno ricordato il pur inarrivabile 'Jules e Jim') sia alla Nouvelle Vague in generale, adottando un ritmo vertiginoso, per tre quarti della sua pur breve durata, e spruzzando ogni tanto la vicenda con dosi di uno humour ancor più spiazzante, proprio per il fatto di abbinarlo alla delicata tematica che il film affronta.

Tutto funziona come un preciso meccanismo ad orologeria nel sorprendente lavoro della giovane cineasta, non c'è un attimo di pausa, tra visite, esami, diagnosi, ricoveri, interventi, cure, attese spasmodiche di genitori e parenti, speranze, (dis)illusioni, il montaggio è vertiginoso: quando poi si deve arrivare, in un modo o nell'altro, allo 'svelamento', allo scioglimento del dilemma, si giunge con il fiato decisamente corto e la compattezza ne risente non poco;  si ha l'impressione che gli autori della storia indugino su quale strada percorrere e l'effetto definitivo è quello di un film che marcia spedito per tre quarti della sua durata, con degli ottimi interpreti nella loro coralità, ma 'ridimensionato' in parte da un finale non decisamente all'altezza.

Voto: 7½.

 

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