Regia di Ruben Östlund vedi scheda film
La sonnacchiosa Goteborg è lo sfondo del terzo film di Ruben Ostlund che traendo ispirazione da fatti giudiziari avvenuti tra il 2006 e il 2008 descrive da entomologo il minuzioso lavoro di una gang di cinque ragazzi neri tra i 12 e i 14 anni che con la tecnica del fratellino ( uno di loro si fa mostrare il telefonino dalla vittima e dice che è come quello rubato al fratello più piccolo) ruba telefonini e anche altro a ragazzi coetanei o più piccoli.
In Play tutto comincia dentro un centro commerciale in cui vengono abbordati due ragazzini (praticamente un'azione dimostrativa per introdurre la tecnica allo spettatore) e poi si concentra sullo stalkeraggio dei cinque ai danni di tre bambini all'incirca loro coetanei. La loro fuga attraverso i mezzi pubblici è costellata di vari incontri che comunque non distolgono la baby gang (anche quando viene malmenata su un tram dal gruppo di amici di una ragazza a acui avevano rubato il telefonino).
Vittime e carnefici sono legati a doppio filo come in un gioco al gatto col topo in cui quest'ultimo viene talmente disorientato che arriva anche a buttarsi nelle grinfie del felino.Viene poi seguito per filo e per segno tutto il lavoro di terrorismo psicologico e di logoramento a cui sono sottoposte le vittime. Infatti non si parla di violenza fisica( che non viene usata) ma qualcosa di più fine e insinuante come piccole intimidazioni, gesti di finta amicizia, una riproposizione in piccolo della tecnica dello sbirro buono e di quello cattivo (ma qui naturalmente non ci sono poliziotti), scommesse sotto cui si nasconde sempre il trucco, giri interminabili per la città alla ricerca di questo fratellino inventato e tutto termina col successo nell'operazione criminosa.
I tre vengono derubati praticamente di tutto e lasciati alla periferia della città.
Acuta riflessione sulle logiche prevaricatrici della società odierna e sul fragoroso silenzio e disinteresse che il mondo degli adulti oppone a queste dinamiche , Play colpisce soprattutto per la scelta stilistica che lo anima. Stile semidocumentaristico, attori tutti dilettanti e che conservano il loro nome (tranne in un caso in cui ci sarebbe stata omonimia) , una fotografia nitida che esalta la scelta di Ostlund di utilizzare in maniera massiccia il pianosequenza.
Le sequenze sono lunghe, articolate e i piccoli protagonisti dimostrano di reggere benissimo il peso della cinepresa che, limitando al massimo i propri movimenti, esplora i loro volti e le loro azioni.
Play è la ricostruzione minuziosa di un rapporto progressivamente sempre più incancrenito tra vittime e carnefici senza l'ausilio di violenza che non sia psicologica.
Gli adulti stanno a guardare, senza aver quasi peso in causa. Il loro è un mondo totalmente disconnesso da quello delle nuove generazioni, Il film fa notare sarcasticamente che hanno ben altro di cui occuparsi come una culla abbandonata sul tram che crea parecchio scompiglio perchè il personale non sa che procedura adottare.
Già , il mondo degli adulti si perde dietro alle procedure e perde di vista il buon senso come testimonia la rispolverata della legge del taglione quando uno dei genitori prende con la violenza un telefonino a uno dei componenti della baby gang.
Visto al festival di Cannes del 2011 ha vinto diversi premi ,per la regia al Festival internazionale di Dublino di Gijon e di Tokyo, premio del pubblico al Festival internazionale di Tromso e il premio per la miglior regia e per la miglior fotografia alla cerimonia di consegna dei Guldbagge svedesi( gli equivalenti dei nostri David di Donatello).
(bradipofilms.blogspot.com)
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