Regia di Anthony Mann vedi scheda film
Prima di esplodere con cinque sottilissimi film western, Mann si faceva le ossa con noir di serie B. "Morirai a Mezzanotte" è fra questi. La storia è di quart'ordine, come spesso capitava; sembra davvero tratta da un raccontino hard-boiled pubblicato su un giornaletto di provincia e raccattato da un cestino della stazione dal produttore di turno. Ciò che conta in realtà, però, è la messinscena, la capacità del regista di trasformarlo in un film di nerbo, dalla sicura presa nonostante i pochi elementi su cui fare affidamento. Sfruttando gli archetipi (e qualche stereotipo) del genere, atmosfera cupissima, facce da galera, giochi di luce, storture nelle angolature di ripresa, Mann supplisce alle inevitabili carenze di budget e mezzi saldando la fragile intelaiatura con alcune memorabili sequenze: il brutale pestaggio contemplato con massiccia e granitica indifferenza da un Burr parzialmente ed intervallatamente illuminato dall'oscillante lampada; la sadica e snervante "esecuzione" in parallelo con dettaglio "leoniano" (ante litteram) degli occhi e la sparatoria nella distorta e vertiginosa prospettiva delle scale del palazzo. Tre scene che descrivono meglio di un libro intero sull'argomento cosa sia un noir. E perché io li ami tanto. Sullo scheggiato volto di pietra di William Challee Lombroso ci avrebbe scritto diversi trattati.
Stipato a fatica nel quadro filmico a causa dell'imponente mole, non lascia adito a dubbi sulla sua capacità di apparire titanico, psicopatico e spietato oltre i limiti del tollerabile. Appioppa un indimenticabile cazzottone da una tonnellata all'onesto e sventurato mammalucco di turno. Grande (è il termine appropriato).
Lontani sono ancora i giorni in cui costruirà film integralmente di valore (soprattutto nella cinquina western degli anni '50), ma in questi filmetti mostra già di che pasta sia fatto.
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