Regia di Anthony Mann vedi scheda film
"Desperate", recita il titolo originale, puntando l'indice sull'intera parabola filmica dello sciagurato autotrasportatore Steve, coinvolto suo malgrado in un furto dagli esiti sanguinari; "Morirai a mezzanotte", ribatte la versione italiana, concentrandosi sulla splendida sequenza del sottofinale in cui il feroce bandito Walt promette a Stevie una morte in contemporanea a quella del fratello condannato alla sedia elettrica, mentre una vecchia sveglia da tavola scandisce drammaticamente il countdown. Il bellissimo "noir" di Mann è anche in questi dettagli, nella nostra necessità di incasellare in un nome o in un'azione (anche coniugata la futuro), l'incubo hitchcockiano e prima ancora kafkiano della persecuzione dell'innocente. E' grande Mann a giostrare i suoi personaggi nello spazio filmico con un montaggio serrato e nervoso e l'utilizzo sapiente degli strumenti (si pensi a cosa riesce a fare con quella lampada che, oscillando, ora illumina ora lascia al buio il volto di Raymond Burr mentre il povero Brodie viene - non visto dallo spettatore - pestato a sangue. Qui c'è davvero tutto: l'idea di dire senza mostrare, la traslazione morale dell'artificio tecnico: il buio che metaforizza crudeltà e la luce che la svela, un po' come quel raggio di sole sulle mani del padrino nel "Casinò" di Scorsese). Quanto al soggetto, infine, sarà pure scarno e pulp, ma è tutt'altro che banale, tanto più che si innesta perfettamente sul suolo di quell'America anni Cinquanta che la coeva commedia raccontava con ben altri toni e colori. In questo senso il ruolo della donna e della coppia di sposi, così spesso criticato alla luce della sensibilità moderna (discutibile anche questo, però il discorso si farebbe lungo), ha un inquietante significato chiaroscurale.
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