Regia di André Téchiné vedi scheda film
La Casa del Cinema a Villa Borghese è una sede veramente carina e finalmente la usano per qualcosa di concreto. Quando la aprirono mia zia mi regalò anche la tessera e in un anno non riuscirono ad organizzare nulla di nulla. Provai ad andarci di persona e la tizia mi disse con aria sconfortata "Qui stiamo per chiudere... non si sa che fine facciamo". Insomma una vera tristezza questo progetto veltroniano così abbandonato senza vergogna. E' stata quindi una bella sopresa poter andarci nell'ambito di Rendez-vous, Appuntamento con il nuovo cinema francese, a vedere l'ultimo film di Techinè.
In sala sono presenti Adriana Asti, Carol Bouquet e il giovane attore italiano Mauro Conte al suo promettente debutto.
Mi concentro su Carol Bouquet, icona del cinema francese ma per me motivo di curiosità soprattutto perché compagna di Gerard Depardieu dal 1997 al 2005. Otto anni.... secondo me c'è da diventare matte a stare dietro ad uno come Deapardieu per ben otto anni.
Bellissima, algida, sicuramente ritoccata ma ritoccata bene, alta, magra ma ben tornita con un semplicissimo tubino nero che sottolinea le braccia toniche, Carol Bouquet è a suo agio in sala e prende la parola con un disinvolto savoir faire. E' stato bello lavorare con Techinè.... è un grande regista, un'artista e, insomma, tutte le cose che generalmente si dicono in queste occasioni ufficiali.
Poi, a poco a poco, Carol si mette tranquilla, si lascia andare e cominciano uscire le indiscrezioni... Techiné che ha paura di prendere l'aereo, che non prende nemmeno il treno e che se deve prendere la macchina calcola tutto il percorso e lo affronta solo se è certo di non dover attraversare un tunnel. Techinè che ti fa ripetere una scena 50 volte, che non lascia spazio agli attori.... Ogni mattina controlla il girato, lo guarda, lo riguarda e commenta: "mmmhhh ma è noioso...." e la Bouquet "Andrè... l'hai scritto tu, l'hai girato tu...." come per dire "fatti un po' un esame di coscienza....".
Insomma ne esce il ritratto di un rompicoglioni coi fiocchi che Andrè Dussolier pare si volesse suicidare buttandosi nella laguna veneziana per quanto ne aveva piene le palle. Alla fine di questa confessione lei, la Asti e Conte se la ridono tutti e tre con fare liberatorio. In platea (un mix tragico di cinefili interessati, troioni rifatti, presenzialisti, pseudo vip e gente capitata per caso, più un inedito Carlo Vanzina che si scopre essere interessato al cinema francese d'autore o forse ai troioni, chissà....) viene data la possibilità di fare qualche domanda.
Ecco, dio santissimo, io capisco che l'occasione c'è... che è anche molto divertente poter interagire direttamente con chi hai appena visto sullo schermo... io capisco tante cose ma non capisco cosa anima la gente a fare domande senza alcun senso compiuto. Ho sentito domande che voi umani non potete immaginare, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, raggi B balenare nel buio alle porte di Tannhauser e tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia.... Dicevo. Ad un certo punto un tipo, che non ho avuto il coraggio di girarmi a guardare perché temevo di tramutarmi in una statua di sale, ha fatto un discorso talmente idiota che Carol Bouquet al limite dello spazientito gli risposto: "Che vuole che le dica? Non c'è una risposta a quello che chiede... se lei pensa sia così, se per lei è così... allora è così"".
E in quel momento ho pensato "Ammazza che carattere sta donna! Questa ha due palle così! Ecco come ha fatto a stare otto anni con Depardieu!".
E il film? Gli impardonnables di Techinè? Diciamo che siamo in pieno cinema francese, di quel cinema che ha una miriade di detrattori nel nostro paese, di quel cinema non capito e per lo più odiato. Va da sé che io non faccio parte di questa schiera negativa ma che pur essendo una grande amante del cinema d'oltralpe non posso gridare al miracolo per questo film. Interessante ed inedita l'ambientazione veneziana, intriganti le relazioni tra i personaggi e anche la storia non sarebbe del tutto malvagia ma c'è un vago sentore di qualcosa di irrisolto, di alcuni aspetti della sceneggiatura lasciati incompiuti a favore di momenti inutilmente scavati e ripetuti. Tratto dal romanzo omonimo ma pare piuttosto stravolto dal regista che lo ha praticamente riscritto in fase di sceneggiatura, Impardonnables lascia anche il dubbio su chi siano gli imperdonabili e perché. Fondamentalmente un'occasione sprecata, una sufficienza là dove ragionevolmente poteva esserci qualcosa di più...
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