Regia di Oliver Parker vedi scheda film
Torna, dopo otto anni di nessuna attesa, l’imbranato agente inglese Johnny English, sorta di incrocio tra l’ispettore Clouseau e James Bond. Cambiano sceneggiatori e regista, con l’ingresso di Oliver Parker, che in vita sua ha azzeccato due commedie da Wilde e poi è precipitato negli abissi di Dorian Gray. Ora pilota questa produzione dove, diversamente dal precursore tutto inglese, il taglio è internazionale e ci si avvale di location in Asia. L’unica vera ragione dell’aggiornamento è la parodia degli inseguimenti a base di parkour ormai alla moda, in particolare qui si prende di mira quello di Casino Royale. Tutto il resto è noia, a partire dagli iniziali insegnamenti di un monaco tibetano - roba già ridicolizzata una moltitudine di volte e quasi tutte migliori di questa - per arrivare alle abusate prese in giro dei gadget spionistici e della girandola di tradimenti tra agenti. Vorrebbe lasciare il segno un’anziana donna delle pulizie asiatica che è in realtà un sicario, capace di nascondere il fucile nell’aspirapolvere. Com’è ovvio, ne conseguono equivoci dove Johnny aggredisce vecchiette, prendendole per la sua nemesi. Altra trovatona sarebbe l’inseguimento dove, al posto di una Bentley superaccessoriata, il nostro si avvale di una sedia a rotelle dalle molte funzioni. Piacerà forse ai fan delle smorfie di Atkinson, sempre notevoli ma sempre le stesse, ammesso che in Italia ce ne siano ancora.
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