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Où va la nuit

Regia di Martin Provost vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Où va la nuit

di alan smithee
6 stelle

Provincia rurale belga sopraffatta da un costante cielo grigio plumbeo, cupo, piuttosto oppressivo. Una macchina vecchia e scassata sfreccia nella notte tra i boschi ed incidentalmente investe una giovane sul ciglio della strada. L’uomo carica in macchina il corpo inerte riverso a terra senza vita, arriva a casa e denuncia il fatto alla polizia.
La cronaca drammatica e fredda di una disgrazia causata probabilmente dall’alta velocità e dalla scarsa lucidità derivante da uno stato di ebbrezza provocatodall’alcol, è l’occasione per presentarci una coppia di contadini sulla sessantina. Lui, taciturno e scontroso, volto severo e poco incline al dialogo, finisce agli arresti domiciliari in seguito all’incidente; in questo contesto abbiamo modo di scoprire quanto l’uomo sia aggressivo immotivatamente nei confronti della opulenta moglie sottomessa, Rose, che viene ripetutamente percossa senza una ragione apparente e porta, quasi indelebili sul suo fisico appesantito dagli anni e dalle fatiche, i segni evidenti di percosse ripetute con metodica agghiacciante consuetudine.
Forse ispirata dall’incidente di macchina, la donna un giorno decide quasi istintivamente di porre fine a tutto questo inferno domestico ed investe il marito con la medesima auto, simulando un incidente di macchina ad opera di ignoti.
La protagonista si ritrova dunque sola in quelle terre agricole, condivise in solitaria con la sola presenza poco consolatoria del bestiame; per questo un giorno decide di lasciare la campagna per recarsi dal figlio a Bruxelles: apprendiamo pure che la donna non lo vede né sente ormai da anni: da quando costui è scappato di casa a sedici anni per incompatibilità caratteriali nei confronti del duro padre che mal accettava l’omosessualità neanche troppo celata del giovane.
Libera ed inizialmente un po’ rincuorata, come alleggerita di quella ossessiva minacciosa presenza che la sottoponeva a sevizie sempre più opprimenti e devastanti, Rose viene in poco tempo afflitta da un lancinante senso di colpa per la sua azione risolutiva, della quale nonostante tutto forse un po’ si pente. Quando la sua posizione giudiziaria si aggrava con indizi inequivocabili, la donna decide di lasciare la casa del figlio e rifugiarsi presso una affittacamere gentile e un po’ curiosa ed invadente (la ritrovata e “preziosa” - vista la rarità delle sue apparizioni cinematografiche - Edith Scob, fresca reduce dai fantasiosi ed immaginifici viaggi in taxi in qualità di enigmatica autista in tutina bianca attillata nell’ultima splendida opera di Carax, Holy Motors), ma che tuttavia si rivelerà quell’amica preziosa e disinteressata che riuscirà ad organizzarle una rocambolesca fuga alla Thelma e Louise, ma anziane e un po' goffe, seppur tenere ed emozionanti: una scappatoia inutile certamente, ma in grado di riconsegnarle quello spirito e quella vitalità che parevano sopite per sempre, almeno in Rose.
Freddo, quasi glaciale nel primo tempo, il film si apre ad atmosfere noir che ricordano certe situazioni alla Simenon nel suo prosieguo (il film invece è tratto dal romanzo di Keith Ridway). Seconda preziosa collaborazione con il regista Martin Provostda parte di una fantastica ed ammutolita Yolande Moreau dopo l’interessante Seraphine, a conferma (ce ne fosse il bisogno) della potenza espressiva e del valore aggiunto che è in grado di apportare, all’opera che la vede protagonista, questa straordinaria caratterista, oggi a suo modo diva prediletta e contesa di diversi tra i più o meno giovani autori europei in corso di affermazione.
Un personaggio da sempre in contro tendenza il suo; un’attrice in grado di gestirsi una carriera che punta prima di tutto alla qualità con un personaggio sempre uguale a sé stesso, dagli occhi piccoli e spiritati, dall’aria perennemente meravigliata e dall’andatura goffa e altalenante: un personaggio universale che solo i grandi artisti (categoria alla quale evidentemente appartiene) sanno elevare a simbolo di una vita di recitazione evitando di venir considerata invece come una continua pedante ripetizione di una medesima macchietta collaudata e sempreverde che invece caratterizza tanti (troppi) attori meno efficaci.   
Film inedito in Italia, visto il 2/2/2013 alla Cinémathèque de Nice, nella rassegna "Cinéma et francophonie".

 

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